A poco più di dieci anni di distanza dal suo esordio dietro la macchina da presa con La mia vita a Garden State, Zach Braff veste nuovamente i panni di regista, sceneggiatore ed attore protagonista per il suo secondo lungometraggio Wish I Was Here.
Aidan Bloom (Zach Braff) è un trentacinquenne di famiglia ebrea, attore di scarsissimo successo, padre e marito che, nonostante l’età, si trova ancora a lottare per trovare la sua identità e per seguire il suo sogno. Vive a Los Angeles con i due figli, Grace e Noah, e la moglie Sarah (Kate Hudson), la quale è costretta a sobbarcarsi tutte le spese di mantenimento della casa e della famiglia, mentre Aidan passa il suo tempo a partecipare a provini inevitabilmente fallimentari, o a fantasticare di trasformarsi in una sorta di cavaliere spaziale, come aveva sempre sognato da bambino.
Il già fragile status quo della famiglia viene ulteriormente turbato quando il padre di Aidan (Mandy Patinkin) annuncia di essere gravemente malato e di non potersi più permettere di pagare l’istruzione dei nipoti in un costoso istituto ebraico. La scuola pubblica non sembra essere un’opzione praticabile, pertanto Aidan si vede costretto a prendersi carico dell’istruzione dei figli. Il risultato è un’inevitabile e tragicomico caos che, unito alla sofferenza del vedere le condizioni di salute del padre peggiorare sempre di più, portano Aidan a scoprire, poco a poco, parti di sé che fino ad allora gli erano sconosciute.
Ad uno spettatore attento sicuramente non sfuggiranno le somiglianze con il film che ha segnato l’esordio registico di Zach Braff, La mia vita a Garden State. In Wish I Was Here però riesce a fare un salto qualitativo, un balzo in avanti sulla strada della maturità che ci si aspetta dopo dieci anni. I temi affrontati non sono certo i più leggeri: la religione, il dover fronteggiare la morte di una persona cara, ed infine l’interrogarsi se ci sia un momento, un’età, in cui è giusto smettere di sognare e iniziare a crescere. Temi profondi, ma allo stesso tempo semplici, quotidiani che Braff affronta con inaspettata ironia e con il surrealismo tragicomico a cui ci ha abituato. Con l’aggiunta di un pizzico di imprescindibile malinconia, ed evitando qualsiasi scontato epilogo, il regista non sembra aver paura di mostrare il mondo fragile di un uomo raccontandone la vita, le difficoltà e la voglia di portare a compimento il suo sogno.
Wish I Was Here è un invito a cambiare in meglio, a rallentare ed uscire dallo stress quotidiano per guardare la vita dall’alto e scoprire di che pasta siamo fatti: siamo in grado di soffrire, di sopportare e di sopravvivere. Amore, lavoro, sogni, delusioni, speranze e morte fanno parte di questo percorso. Sorprendiamoci.