Un Daniele Segre beato fra le donne quello di oggi in conferenza stampa: insieme a Tiziana Catalano, Donatella Bartoli e Luigina Dagostino presenta il suo nuovo film, Morituri, interamente girato nel cimitero sconsacrato di San Pietro in Vincoli a Torino.
Dopo Vecchie (2002) e Mitraglia e il verme (2004), Morituri è l’ultimo atto di una trilogia girata con la macchina da presa fissa. Una necrotica solitudine è il denominatore comune di tre personaggi femminili surreali, che mettono in scena le loro inquietudini ed i loro morbosi desideri davanti ad una platea silenziosa di defunti.
“Quella di rappresentare solo il genere femminile è stata una scelta spontanea, forse psicoanalitica, dovuta alle sedimentazioni accumulate nella mia vita rispetto al rapporto con le donne”, scherza Segre, lodando le sue attrici per la difficile prova e ammettendo di averle allenate con infinite ore di prove, “come una squadra che scende in campo in una finale di Coppa dei Campioni”.
L’alto livello della recitazione è effettivamente impressionante, se si pensa che la prima parte del film è composta da un unico piano sequenza di 24 minuti. Il il ritmo è fondamentale e serve disporre di una squadra tecnica e artistica affiatata per portare a casa la ripresa. Inoltre la posizione fissa della macchina da presa impone dei vincoli spaziali rigidi: questa situazione che potrebbe essere snervante per molti professionisti si è risolta invece con pochissimi giorni di riprese ed è oggi raccontata con leggerezza: “Sì, ci siamo divertiti da matti in un cimitero! Per una notte ho anche dormito lì, accanto al cavalletto, insieme ad un collaboratore che non smetteva mai di russare”.
La situazione metateatrale diverte moltissimo Segre che ama definirsi “un regista libero” e dichiara di emozionarsi molto lavorando con gli attori: “È una bellissima palestra di vita, in ogni film si conosce meglio l’umanità. Un divenire fatto anche di baruffe, di tensioni, ma dove tutti siamo legati dalla passione e rivolti verso un obiettivo comune.”
E adesso? “Cercherò di resistere malgrado tutto e tutti, credo in quello che faccio e mi sveglio al mattino con la convinzione di arrivare alla sera felice della giornata, anche se le porte per me sembrano sempre chiuse…”
La frecciatina finale del regista è rivolta apertamente alla televisione nazionale per cui Segre non lavora più da undici anni: “Morire di lavoro ha vinto molti premi, ma non l’ha voluto nessuno, nemmeno Rai3! Il mio è sempre un onore al merito ma è come se io non esistessi.”
“Per fortuna non c’è tempo per le lamentele: Morituri debutterà al teatro di Anghiari, vicino ad Arezzo, la prima tappa di un viaggio che speriamo sia lungo e pieno di soddisfazioni. La scrittura è per me una forma terapeutica, bisogna credere sempre in quello che si fa e con questo film ce l’ho messa tutta. Sono grato al Torino Film Festival per l’opportunità e continuerò sicuramente a scrivere e a fare ricerca. Anche perché, diciamoci la verità, i dirigenti cambiano ma i film, per fortuna, restano.”