La tranquilla cittadina di Goksung viene sconvolta da una serie di omicidi efferati e da una malattia che sembra rendere pazzi gli uomini. Un poliziotto della zona inizia ad indagare per salvare la vita di sua figlia colpita dalla malattia e i sospetti ricadono su un misterioso uomo giapponese, arrivato da poco in città…
Il sud-coreano Na Hong-Jin si ripropone (dopo The Chaser e The Yellow Sea) con un film complesso, meraviglioso ed unico, un calderone enorme in cui si mescolano, seppur rimanendo sempre ben leggibili, gli elementi più disparati e influenze tanto orientali quanto occidentali, perché all’interno dell’ultima creazione del giovane regista le contraddizioni e i doppi vivono e proliferano, i rituali magici di uno sciamano convivono con la cultura cristiana, i generi del thriller e dell’horror possono strizzare l’occhio ad alcune gag comiche di rara bellezza e le scene di tenerezza tra un padre e sua figlia possono apparire dopo immagini splatter dall’enorme potenza visiva, il Bene ed il Male.
Un film trasformista, notevole in tutte le sue sfaccettature, la sceneggiatura, i personaggi, attinti dal folklore coreano. Un film ambiguo: la prima parte infatti cammina sempre sul filo tra la realtà del thriller e l’onirico dell’horror, senza mai dare una risposta allo spettatore… ma alla fine chi vuole una risposta mentre si perde tra la scenografia, l’infinita pioggia e le immagini di questo film?
La sequenza in cui lo sciamano buono (lo sarà per tutto il film?) si scontra a distanza contro il demoniaco uomo giapponese a colpi di rituali è un classico esempio di cinema in cui montaggio, costumi e musica concorrono a creare una delle scene più indimenticabili che non mancheranno di farvi uscire dalla sala con una malattia, quella dei film di Na Hong-Jin.