Le cosiddette “commedie casalinghe”, quelle giocate interamente su un gruppo di persone riunite attorno ad un tavol, sono diventate negli ultimi anni sempre più diffuse all’interno della cinematografia europea. Ha deciso di cimentarsi in questo particolare genere anche Paolo Genovese con il suo film Perfetti sconosciuti.
Il punto di partenza della vicenda è una proposta, apparentemente innocente, fatta dalla padrona di casa ai suoi ospiti: mettere il proprio cellulare sul tavolo e rivelare pubblicamente ogni tipo di comunicazione che verrà ricevuta nel corso della serata. Ben presto questo gioco si tramuterà in un massacro in cui ognuno vedrà svelati i propri segreti, presenti e passati. Le certezze che tutti avevano nei confronti dei loro amici o amiche, mogli o mariti, vengono sgretolate una ad una. Nessuno può fidarsi più di nessuno. Quelli che ognuno ritrova davanti a sé sono dei perfetti sconosciuti.
Il grande pregio di questo film, per certi versi apertamente comico, per altri decisamente malinconico, consiste nell’aver creato un’alchimia assoluta fra i sette attori coinvolti; infatti interagiscono fra loro con una naturalezza talmente disarmante da farli sembrare, anche nella vita reale, amici di lunga data.
Fra di loro spiccano Valerio Mastandrea (Lele) e Giuseppe Battiston (Beppe) ma sono tutti perfettamente adatti ai personaggi che interpretano e hanno saputo caratterizzarli al meglio. Ma prima di tutto sono da apprezzare i dialoghi, ai quali è stata prestata una cura tanto particolareggiata da non farli cadere mai nel banale, evitando così ogni tempo morto per l’intera durata del film. Infine è da notare la metafora dell’eclissi lunare, che segnala il fatto che venga illuminato il “dark side of the Moon” proprio mentre la Luna finisce per oscurarsi.
Mattia Olivero, studente del Corso di Critica cinematografica (DAMS, a.a. 2015-2016)