«Hukaa!», «Hukaa!», «Hukaa!!»: così grida la libertà. Nella voce puerile di una giovane donna che impone l’emancipazione del suo genere, senza smettere di sorridere mai.
Aisholpan ha tredici anni e si carica sulle spalle un tema classico, ambientato però in un contesto straordinariamente inusuale. Lei non è un’avvocatessa con il sogno di presiedere un grande Paese, né di guidare una multinazionale tra le invidie di colleghi maschi: lei vuole imparare a cacciare con le aquile. Siamo in Mongolia, nelle infinite steppe e in mezzo alle rupi innevate. Là dove la cultura delle manifestazioni con gli animali, una specie di “seconda corrida”, sopravvive da millenni (e questo è un altro motivo forte del film) . Tra colori vividi e campi lunghissimi, la forma del documentario narrativo è il paradigma adottato, con interviste spesso ironiche e scene di vita familiare. Il tutto cresce fino al Festival delle Aquile, climax degli eventi e vera prova del nove per tutti quei cacciatori nomadi: ma subito dopo si apre la stagione invernale di caccia, sfida ben più ardua. Perché le prove non finiscono mai, nel lungo cammino verso i diritti, nel volo di un aquilotto che plana sul progresso.