Il concorso internazionale cortometraggi Future Lovers del 33° Lovers Film Festival si è aperto presentando una prima sessione di 7 short film capaci di fornire un panorama diversificato e complesso del fil rouge su cui ruota l’intero festival: la tematica LGBTQI.
Apre la sezione Quella lama nel bosco, un film di Antonio Padovani che si cimenta nella commistione tra gender e genere cinematografico, in un horror che fa esplicito riferimento allo slasher movie anni ’80. Un film autoironico che, a detta dello stesso regista, non si vuole prendere troppo seriamente: “Ho puntato sull’ironia dal punto di vista formale, ma rimanendo molto serio dal punto di vista contenutistico. Ho voluto fare riferimento al film Halloween di John Carpenter, ma nel mio film il punto di vista non è del serial killer, ma bensì dell’arma del delitto stessa che delinea un killer invisibile”.
La storia viene narrata attraverso lo sguardo di una lama specchiata che due giovani amanti trovano in un bosco. Un escamotage che destabilizza lo spettatore e che lo cattura in 8 minuti di tensione, in cui la maledizione crudele di un antico proibito amore tra due donne si abbatte inevitabilmente sulle protagoniste. Lontana stregoneria da buio Medioevo o racconto di qualcosa ancora presente nella mentalità odierna? Un horror tensiogeno, godibile e che fa riflettere.
Da un amore dall’epilogo tragico si passa all’amore tra padre e figlia con The Real Thing , un cortometraggio di Brandon Kelley. Un racconto che coinvolge delicatamente lo spettatore che entra in punta di piedi nella vita di Allie. I dialoghi ridotti all’osso lasciano spazio agli sguardi, i gesti e le immagini. Una storia di accettazione dai toni rosei, proprio quelli che Allie preferisce: le pareti della sua stanza sono rosa e allo specchio sono appese delle scarpette da danza. Allie sembra una bambina come tutte le altre, eppure il suo nome è Robert: al padre non importa, perché la ama per quello che è.
A seguire la storia di un altro amore genitoriale, quello tra una madre e un figlio che non c’è più. Il cortometraggio Adult di Jamieson Pearce ci cala fin dal principio nell’angoscia di questa donna che vaga all’interno di un porno shop alla ricerca di qualcosa che la tormenta. Una fotografia cupa ci accompagna fino alla sua dimora e lì siamo coinvolti nei suoi ricordi di madre molto diversi rispetto alle immagini del figlio nel VHS appena acquistato. Coinvolgente e intenso dramma, che riesce in 12 minuti a dare allo spettatore tutto ciò di cui ha bisogno per appassionarsi alla tragica vicenda.
Dopo la storia di un figlio perduto veniamo subito immersi in Edmund the Magnificent di Ben Ockrent, il racconto di un figlio ritrovato che inizia proprio come una favola. Un libro le cui pagine si sfogliano da sole si materializza sotto ai nostri occhi, ed ecco il titolo Edmund the Magnificent apparire scritto su uno di questi fogli e proprio sotto un simpatico maialino disegnato ci viene a fare visita. Sarà proprio lui, il maialino Edmund, insieme al suo padrone interpretato dall’eccezionale attore David Bradley, a dare il via a questa favola che incanta e stupisce. Il narratore racconta in rima tutta la vicenda, con un ritmo costante e coinvolgente capace di far ridere e sognare fino alla fine.
Da un sogno ad un altro sogno, quello del giovane Ray, il protagonista di Lions in Waiting di Jason Karman. Ray è l’ultimo arrivato in una squadra di hockey e viene bullizzato dai compagni. La vicenda, chiara e lineare, ci porta nella vita di questo giovane e in particolare nel difficile rapporto con se stesso e con ciò che lo circonda. Un qualcosa di visto e rivisto, che fa riflettere, ma che non entusiasma. I personaggi risultano superficiali e questo rende difficile sia l’affezionarsi che l’immedesimarsi in loro.
Arriviamo ora al cortometraggio Si Astri maka si Tambulah di Xeph Suarez che ci appassiona per le tradizioni, le immagini e i colori di terre lontane. Ci troviamo in una piccola comunità delle Filippine e seguiamo le vicende della sedicenne transessuale Astri e la sua storia d’amore con il giovane Tambulah. Tutto appare molto semplice, quotidiano, genuino. La coppia è accettata e integrata nella comunità, eppure il sogno d’amore viene spezzato dal fatto che Astri è promessa sposa ad una donna che conosce appena. Realistico e crudele, coinvolge lo spettatore per l’autenticità delle azioni e la freschezza delle relazioni tra i personaggi.
L’ultimo cortometraggio presentato in questa sezione è Men Don’t Whisper di Jordan Firstman, una commedia che ha conquistato il pubblico in sala che ha riso dall’inizio alla fine. Due uomini che stanno felicemente insieme decidono di sedurre due ragazze per attestare la propria virilità. I dialoghi sono esilaranti, i personaggi sono ben sviluppati e le relazioni sviscerate al punto da permettere allo spettatore di appassionarsi a una vicenda ironica ma intelligente.
Questa prima sessione cortometraggi nota scelte interessanti ed è riuscita a fare emergere alcune delle diverse sfaccettature di quella che è la tematica LGBTQI e delle sue possibili articolazioni in maniera coinvolgente e dinamica.