Normandia, Francia. Una coppia di novelli sposi si trasferisce in un piccolo paese in cerca di pace, serenità e tutte le altre promesse della vita di campagna. Lei si chiama Gemma, Gemma Bovery (Gemma Arterton), pronuncia all’inglese. La monotona vita del loro vicino di casa, il panettiere Martin Joubert (Fabrice Luchini), viene improvvisamente sconvolta dall’arrivo di quella che potrebbe essere l’incarnazione della suo personaggio letterario preferito. La fantasia del fornaio si scatena: come non leggere nel nome, nei modi e persino nel destino della donna un fantasma dell’eroina di Flaubert?
Dopo Coco avant Chanel e Two Mothers, la regista francese si cimenta con la graphic novel di Posy Simmonds, già autrice di Tamara Drew – Tradimenti all’inglese, la cui versione cinematografica ha visto protagonista la stessa attrice di questo film, Gemma Arterton.
Gli adattamenti di Madame Bovary sono innumerevoli quanto vari. Jean Renoir, Vincente Minnelli, Claude Chabrol sono solo alcuni dei registi cimentatisi con l’opera, fino ad arrivare alla recentissima e ancora non distribuita versione di Sophie Barthes con Mia Wasikowska.
Ma questo è il primo film a essere diretto da una donna. Caso curioso, poiché quasi ogni inquadratura, almeno quelle che ruotano attorno alla magnetica presenza della Arterton, sono viste e filtrate attraverso gli occhi di Martin. Durante la conferenza stampa del 22 Novembre a Torino, la regista ha spiegato come il nostro sguardo sia portato a fondersi con quello del panettiere. I gesti più semplici – mangiare un pezzo di pane, annusarne la crosta, impastare – diventano brevi momenti d’estasi.
L’attrice è eccezionale: mai una volta dubitiamo della forza attrattiva che esercita, quasi inconsapevolmente, su tutti gli uomini che incrociano il suo cammino, orbitando ciecamente attorno a lei. Più e più volte Luchini sgrana gli occhi come lui solo sa fare, allibito di fronte alle movenze sensuali della donna. E noi con lui.
Questa è una commedia leggera e brillante, ma fin dall’inizio abbiamo il sentore della tragedia. Seguiamo ansiosamente la vita di Gemma, convinti che il destino tragico di Madame Bovary incomba, ineluttabile, su di lei. Sobbalziamo alla sola parola “arsenico”. Sospiriamo durante l’incontro con il giovanissimo amante. Ci illudiamo che possa finire diversamente. Come Martin, siamo costretti a guardare, impotenti, il progressivo svolgersi di una storia già scritta in cui non possiamo intervenire. Sono vani, infatti, i goffi tentativi del panettiere di allontanare Gemma dall’amante, di avvisarla, di proteggerla.
Anne Fontaine modernizza la storia senza tempo di una donna annoiata, immerge con successo il suo personaggio in quello che è, ormai, diventato un archetipo. Il film è genuino, divertente, delicato. Il ritratto di una donna di incredibile bellezza.