“MARY SHELLEY” DI HAIFAA AL-MANSOUR

Poesia e letteratura si intrecciano in una coinvolgente storia d’amore che ci porta a conoscere le vicende di Mary Shelley, l’autrice di uno dei capisaldi della letteratura ottocentesca: Frankenstein, o il moderno Prometeo. Ed è proprio sulla fase di incubazione di questa opera che il film si concentra, sulla giovinezza della protagonista e sulle sue scelte rivoluzionarie e controcorrente che la porteranno dalla ricchezza, alla miseria e infine alla fama.

Femminismo, trasgressione, emancipazione: chi meglio avrebbe potuto sviluppare questi argomenti con intelligenza e sensibilità, se non Haifaa Al-Mansour, prima regista donna dell’Arabia Saudita?

Una ricostruzione che si attiene alla realtà dei fatti e che orbita intorno agli incontri che portarono Mary Wollstonecraft Godwin a diventare la scrittrice che conosciamo. Dalla storia d’amore con lo scrittore Percy Bysshe Shelley, al soggiorno svizzero a casa del poeta e politico britannico Lord Byron, fino all’incontro con il medico John Polidori. Sarà proprio quest’ultimo che la introdurrà alle innovative teorie scientifiche che purtroppo insieme alla spinta positivistica ricoprono nel film soltanto un ruolo marginale. Questi elementi sono stati invece quanto mai fondamentali per portare Mary Shelley al concepimento dell’idea del mostro Frankenstein.

In un contesto verosimile, supportato da impeccabili scenografie e costumi d’epoca, risulta molto riuscita la scelta degli attori. La giovanissima Elle Fanning ha saputo donare alla protagonista una ingenua ribellione che si sposa molto bene con l’animo assai più scaltro e affabulatore di Percy Shelley, interpretato da Douglas John Booth. Sognante, poetico e crudele, questo film è riuscito a dare allo spettatore una storia godibile e lineare – dall’andatura forse troppo classica – che non richiede troppi sforzi al pubblico.

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