L’ultimo documentario di Daniele Gaglianone è stato presentato per la sezione TFFDOC/FUORI CONCORSO il 1 dicembre al Cinema Massimo, in una giornata per nulla casuale. Il film è un’importante testimonianza, infatti, della situazione ormai tragica venutasi a creare in Italia attorno al fenomeno della migrazione, ma il regista e tre delle protagoniste, presenti in sala, ci hanno tenuto a specificare che nel tempo passato dalla fine delle riprese la situazione è purtroppo molto peggiorata. Proprio in questi giorni, a partire dall’inizio del mese, il DL Sicurezza e Immigrazione sta lasciando per strada rifugiati in possesso di permesso di soggiorno umanitario, la cui regolamentazione è cambiata per via del Decreto Legge menzionato, non garantendo più l’accoglienza a chi in precedenza ne aveva diritto.
Il documentario è stato ideato in collaborazione con Medici Senza Frontiere e segue quattro donne diverse tra loro per provenienza, età e professione, ma uguali nell’impegno ad aiutare con coraggio, dedizione e tutti i mezzi a loro accessibili i rifugiati. Questa è la realtà nel nostro Paese, a cui Gaglianone ci mette davanti con disarmante onestà: al di là delle strumentalizzazioni e delle bagarre politiche, ci sono moltissimi italiani che offrono il loro aiuto a chi ne ha bisogno, misurandosi con il silenzio o l’aperta ostilità delle istituzioni. Non ci troviamo ad assistere ad un semplice reportage sulla migrazione, ma ci vengono mostrate le vite quotidiane di persone come noi che però hanno scelto, messe di fronte ad una situazione sempre più grave, di mettersi in gioco in prima persona.
Ognuna delle protagoniste si trova in un luogo a suo modo particolare: Lorena è una psicoterapeuta in pensione che abitava a Pordenone ma ora risiede a Trieste, e quindi conosce molto bene la realtà problematica dei confini; allo stesso modo Georgia, di Como, si è trovata a cambiare la sua vita dopo aver assistito da vicino alle conseguenze della chiusura della frontiera svizzera, impegnandosi full time in uno sportello della Caritas; Elena vive invece ad Oulx, in Valsusa, assiste quotidianamente coloro che tentano rischiando la vita di giungere in Francia attraversando le montagne, e ospita in particolare Mathieu, rimasto ferito gravemente; infine Jessica è una studentessa che lavora a Cosenza nella gestione dell’occupazione di diversi edifici destinati ai bisognosi, non solo migranti.
Il documentario è diviso in dodici parti, designate da titoli ricavati dai racconti delle protagoniste, e mostra le sfide affrontate dalle quattro donne: oltre all’allontanamento degli amici, ai pregiudizi di coloro che stanno attorno, alle difficoltà economiche ed ai tragici risvolti nella vita di alcune persone da loro seguite, traspare l’immenso valore della cura che restituisce la dignità a persone, offerta senza desiderio di tornaconto.
Al film, che uscirà nelle sale dal 15 Gennaio 2019, è stato conferito il Premio Occhiali di Gandhi assegnato del Centro di Studi Sereno Regis per la cinematografia non violenta; la giuria ha ritenuto l’impegno mostrato nel raccontare l’accoglienza e la lotta quotidiana delle protagoniste, esempi nostro malgrado di disobbedienza civile nell’Italia di oggi. Un’alternativa esiste, ed il documentario rende chiaro dove si debba stare.