Con il suo primo lungometraggio, la regista Sabrina Sarabi presenta in concorso al Torino Film Festival un film che soltanto all’apparenza rientra nella categoria del classico coming of age adolescenziale.
David (Louis Hofmann) è un giovane pianista che studia in un prestigioso conservatorio assistito dalla fredda e rigorosa professoressa Matussek (Ursina Lardi). Per realizzare il sogno di entrare alla famosa Julliard School, si sfianca esercitandosi anche 8 ore al giorno. Il suo già fragile equilibrio è scosso quando nella sua vita entra una coppia di ragazzi, Walter (Johannes Nussbaum) e Marie (Liv Lisa Fries) con i quali stringe subito un’ambigua amicizia. Dopo aver sottratto la ragazza all’amico, David inizia con lei una storia d’amore che finisce subito per trascurare a causa di uno studio maniacale che ne condiziona l’intera vita.
L’ossessione di David si fa progressivamente più inquieta e pericolosa. Il protagonista assume un atteggiamento autodistruttivo che emerge chiaramente nei momenti di sregolatezza in discoteca, ma soprattutto quando si infligge spontaneamente ferite alla testa e alle mani, nel disperato tentativo di disciplinarle.
I dialoghi sono ridotti al minimo, i personaggi quasi non parlano, ma il vuoto lasciato dalle loro voci viene colmato dalla quasi onnipresente musica. Questa, oltre a essere parte essenziale della vita di David, è usata in maniera descrittiva anche, e soprattutto, quando è assente. Ai momenti in cui si fa insistente e asfissiante si alternano improvvisi e brevi periodi di silenzio, specialmente quando il protagonista diventa violento verso gli altri o verso se stesso. Un silenzio disturbato solo dai respiri affannosi o da quella pallina da ping pong che sembra scandire come un metronomo i suoi momenti di follia. Soltanto quando la situazione comincia a precipitare in modo irrimediabile le note del pianoforte che hanno accompagnato tutto il film lasciano definitivamente il posto a un silenzio insopportabile.
Con Prélude Sabrina Sarabi ha voluto mostrare la parte perversa di un sogno che si fa presto incubo, la follia e l’inquietudine che scuotono un carattere fragile e che si autodistrugge nella sua disperata volontà di eccellere. Lo straniamento alla fine diventa delirio, la realtà si mischia all’allucinazione e l’inarrestabile degenerazione di David porta all’unico finale possibile.
Silvia Gentile