Il 2020 è un anno importante per Torino, che diventa “Città del Cinema” in occasione del ventesimo anniversario dell’apertura del Museo Nazionale del Cinema nella Mole Antonelliana e della nascita di Film Commission Torino Piemonte. Nel ricco programma di eventi che accompagnerà le celebrazioni, la suggestiva Aula del Tempio del Museo si fa cornice di venti Masterclass con grandi maestri del cinema internazionale, inaugurate ieri, 28 gennaio, alle 18:00 dal direttore del museo Domenico De Gaetano. Il protagonista e ospite di eccezione della prima Masterclass è stato il regista israeliano Amos Gitai. Con lui ha dialogato la critica cinematografica Grazia Paganelli, supportata dalla prontissima traduttrice Gigliola Miglietti.
Il cineasta è legato a doppio filo alla nostra città e al Museo del Cinema: il suo primo lungometraggio narrativo, Esther, vinse il Torino Film Festival nel 1987 e a cavallo tra il 2011 e il 2012, il Museo gli rese omaggio con una manifestazione-evento, Architetture della memoria, durante la quale aprì i suoi sotterranei al pubblico per la prima ed unica volta, per ospitare una video-installazione dello stesso Gitai. E il 2020, oltre che per la nostra città, pare essere simbolicamente un anno importante anche per il regista, che ci tiene a ricordare la ricorrenza del venticinquesimo anno dall’assassinio del primo ministro israeliano Yitzhak Rabin – a cui ha dedicato due film – e il fatto che proprio in queste ore, determinanti per il suo popolo, Netanyahu è chiamato a rispondere in tribunale dei pesanti reati di cui è accusato.
L’intenso dialogo, che ha affascinato il pubblico presente, ha delineato il profilo di un regista fortemente convinto del grande potere simbolico dell’arte e della necessità che questo potere venga usato. Attraversando i temi a lui più cari – in primis quello della memoria – Gitai ha sottolineato la sua intenzione primaria nel rapporto con la settima arte: quella civile, che si esprime nel suo essere prima di tutto un cittadino e poi un uomo che opera attraverso un medium – il cinema – che ha l’incredibile dono di creare dialogo, instaurare rapporti, aprire dibattiti e relazionarsi al contesto in cui ci si muove. Agli interventi degli studenti presenti – che hanno risposto all’iniziativa con grande interesse – ha continuato a replicare con la fermezza tipica dell’uomo appassionato, sostenendo l’importanza di sperimentare, giocare e divertirsi, e il bisogno che il cinema ha oggi di una gioventù entusiasta. Certamente il consiglio più prezioso che Gitai, nella sua semplicità, ha voluto regalare al pubblico, è quello di essere, tutti, sempre curiosi.
Alla richiesta di raccontare un aneddoto in conclusione dell’incontro, il regista ha ironicamente citato le parole di sua madre: «Bisogna sempre tenere qualcosa per la prossima volta». E la speranza non può che essere quella di accogliere di nuovo nella nostra Torino il cineasta che ha saputo conquistare e ispirare le oltre cento persone che hanno affollato ieri il cuore del Museo del Cinema.
Gitai si è poi spostato al Cinema Massimo, dove ha presentato il libro Storia di una famiglia ebrea, edito da Bompiani e contenente gli scambi di lettere con sua madre Efratia, alla presenza di Elena Loewenthal, curatrice dell’edizione italiana.
Fino al 31 gennaio proseguirà la retrospettiva iniziata il 25 che il Cinema Massimo gli ha dedicato, comprendente alcune proiezioni che saranno introdotte dallo stesso regista .
Il prossimo appuntamento con le Masterclass del Museo del Cinema sarà il 21 febbraio con Julien Temple, trasmesso in diretta qui.
Ada Turco