“Era una notte buia e tempestosa”, avrebbe scritto Snoopy. Inizia proprio così Botox, in una notte buia e tempestosa, mentre su uno schermo televisivo un altro veterano del disegno animato, Willy il Coyote, si esibisce in uno dei suoi soliti capitomboli, dal quale esce comicamente deformato ma sostanzialmente incolume. Akram (Susan Parvar) guarda rapita la scena. È affetta da autismo, bloccata in un mondo di gesti rituali e di atteggiamenti vagamente infantili, e forse crede che le medesime leggi fisiche che regolano il mondo dei cartoon valgano anche nella realtà. Sta di fatto che non ci pensa due volte a spingere giù dal tetto suo fratello Emad (Soroush Saeidi, anche produttore del film), colpevole un giorno di averla derisa una volta di troppo.
Sono molti gli aspetti che nel primo lungometraggio dell’iraniano Kaveh Mazaheri rimandano all’animazione e alla favola: una certa propensione allo slapstick; l’elemento ricorrente della pece scaldata sul fuoco, oggetto magico in molte fiabe; la stessa Akram, sempre presente in scena e sempre fuori posto, come una tragicomica macchietta. Aspetti a un tempo esaltati e contraddetti da una messa in scena rigorosa, fatta di inquadrature fisse e campi medi o lunghi (mai un primo piano o un dettaglio). Se da un lato un simile razionalismo stilistico evidenzia linee verticali e oblique che fanno pensare alle vignette di un fumetto, dall’altro blocca sul nascere ogni tono da commedia nera.
Piuttosto, la regia così matematica accentua il tema del doppio. Akram ha una sorella, Azar (Mahdokht Molaei), che ne è la copia speculare: sgraziata e indolente la prima, bella e pragmatica la seconda. Azar lavora in un salone di bellezza dove inietta botox per eliminare le rughe d’espressione delle clienti; Akram quelle stesse rughe, col suo cipiglio perennemente aggrottato, le ostenta caparbiamente nel corso di tutta la vicenda. In mezzo a loro il fratello muore due volte e se è Akram a farlo precipitare dal tetto, Azar è quella che lo finisce, forse per coprire la sorella, forse per poter procedere con un losco traffico al quale Emad si opponeva.
Quando le due sorelle devono disporre del cadavere, i modelli di Mazaheri si fanno evidenti. Nelle immagini di Akram e Azar armate di vanga e piccone e ridotte a due puntini sulla superficie gelata di un lago salato, ritroviamo le distese di neve di Fargo e, soprattutto, Soldi Sporchi di Sam Raimi. Ma proprio nel momento in cui sembra tradire il debito maggiore nei confronti dei suoi illustri predecessori, Botox se ne discosta e diventa altro. Con queste immagini inizia lentamente a prendere piede un elemento onirico che trionferà nel finale. L’ultima scena del film, anch’essa doppia e speculare rispetto all’incipit, chiude il cerchio rivelando una terza dimensione, fino ad allora solo suggerita, che ha a che fare con i sentimenti, conquistando quasi a tradimento il cuore dello spettatore.
Andrea Bruno