“Bramo quel luogo lontano, dove vivono i miei cari”: su questi versi di una canzone si apre “Moving On”, opera prima di Yoon Dan-bi, premiata con ben 4 premi all’ultima edizione del festival di Busan. Versi che sembrano indicare un ritorno, per chi li ha scritti, alle proprie origini, al proprio nucleo di partenza.
Ed è proprio questo che accade ai due protagonisti, fratello e sorella, del film di Yoon quando, abbandonata la casa del padre divorziato, un modesto venditore ambulante di imitazioni di scarpe di marca, si trasferiscono nella casa del nonno paterno, un anziano sofferente e spesso costretto al ricovero in ospedale.
Dal principio, i due fratelli non sembrano particolarmente entusiasti della nuova sistemazione: la casa del nonno è infatti ampia, ma vecchia e in periferia, e fare conversazione con lui non è facile né stimolante. In più, il padre è spesso assente a causa del suo lavoro precario, e nei momenti liberi cerca di studiare per sostenere un esame che gli permetta di ottenere un posto di lavoro stabile in un’impresa edile.
Tuttavia, in questo abisso di incomunicabilità ecco apparire uno spiraglio di allegria quando sulla soglia della porta appare la zia dei due ragazzi, sorella del padre. Anche lei in odore di divorzio a causa di un marito violento, di fronte al disarmante affetto che subito le rivolgono i nipoti, decide di prolungare la sua permanenza nella casa paterna. Da questo momento in poi, anche per i due fratelli sarà più facile accettare la loro nuova situazione e ad appianare le loro divergenze.
C’è una evidente antitesi tra ciò che il film racconta e il titolo scelto: più che “andare avanti” (“moving on”), infatti, i protagonisti del film di Yoon, complice la stagione estiva in cui la vicenda è ambientata, sembrano pian piano adagiarsi su un piano di placida immobilità e staticità (rimarcata dai long take a camera fissa di cui si compongono quasi tutte le inquadrature) nella grande e vecchia casa del nonno, quel “luogo lontano” evocato dalla canzone d’apertura che forse poi così “lontano” non era. Ciascuno con i suoi problemi, i suoi turbamenti, i suoi fantasmi, i protagonisti fanno quadrato intorno alla silente figura dell’anziano per ricaricarsi prima di affrontare il solito tran-tran quotidiano, fatto di delusioni e amarezza.
Recitato con gusto empatico da un cast in stato di grazia, Moving On si configura dunque come una delicata ed emozionante ode alla pausa, allo stare fermi, al raccoglimento e al confronto, da cui chiunque può trarre spunto per la propria vita ed esperienza personale.
Alessandro Pomati