“IN THE HEIGHTS” DI JON M. CHU

Washington Heights è un quartiere ispanico di Manhattan dove tutti coltivano un “sueñito”, un piccolo sogno. Usnavi gestisce una bodega insieme al cugino Sonny e sogna di tornare nella Repubblica Dominicana, suo paese di origine, per riaprire il vecchio bar del padre deceduto. L’amica Vanessa, di cui è innamorato, vorrebbe diventare stilista mentre Nina, l’orgoglio del quartiere, frequenta il prestigioso college di Stanford. Nel torrido caldo newyorkese che ricorda Do the right thing di Spike Lee, a ritmo di scene di festa collettiva in perfetto stile West Side Story, il nuovo musical di Jon M. Chu racconta una storia tanto allegra quanto politicamente necessaria.

Il film è basato sull’omonimo musical di Lin-Manuel Miranda e Quiara Alegría Hudes, ispirato a West Side Story” la prima ed unica opera volta a rappresentare la comunità latina. Per il portoricano Lin-Manuel Miranda, In the Heights doveva essere un’opportunità di riscatto ed è proprio sulle note del woodblock di America (il brano più rinomato di West Side Story), che prende le mosse il numero di apertura di In the Heights, come per riprendere il racconto della comunità latina da dove lo si era lasciato nel 1961.

La discriminazione razziale vissuta da Nina al college, le politiche di immigrazione che mettono fine ai sogni dei giovani immigrati come Sonny e la gentrificazione che sta inghiottendo il quartiere, sono i veri antagonisti della storia. Queste tematiche, non presenti nel musical originale, fanno sì che l’adattamento cinematografico non sia solo un mezzo per rappresentare la comunità latina in maniera allegra e spensierata, ma anche un’opportunità per mettere in luce i problemi che tuttora la opprimono. C’è però un sueñito condiviso da tutti: quello di salvare il quartiere, di aiutare i giovani immigrati, nelle parole di abuela Claudia, quello di affermare la propria dignità per dire “noi non siamo invisibili”.

L’eccellente regia di Jon M. Chu è supportata dalle musiche di Lin-Manuel Miranda, vero punto di forza del film, che governano i personaggi, le sequenze e le coreografie, dando vita a un musical vibrante che rispetta la promessa di intrattenimento, senza venire meno alle proprie responsabilità nei confronti della comunità latina. Il risultato è un’opera fresca e giovanile ma comunque in linea con il genere del musical tradizionale, dimostrando che non è obsoleto o superato ma che, al contrario, è ancora capace di far emozionare. È innegabile, infatti, che una comunità che non perde la speranza e celebra la propria cultura con orgoglio, sia lo spettacolo più emozionante al quale si possa assistere. Usnavi e i suoi amici comprendono che non serve partire o stravolgere la propria vita per realizzare il proprio sueñito. Nelle parole del musical del 1961, “Life can be bright in America, if you can fight in America”.

Alice Ferro

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