La gita in barca di un padre insieme alle sue due figlie si trasformerà presto in un incubo. È questa la semplice premessa su cui si costruisce Inmersión, lungometraggio d’esordio del regista cileno Nicolás Postiglione che indaga ciò che c’è sotto la superficie dei suoi personaggi. «È un peccato non venga più nessuno qui» commenta il padre osservando con nostalgia i luoghi in cui è cresciuto, ora apparentemente disabitati. Eppure, l’equilibrio precario dei tre protagonisti è definitivamente sconvolto proprio dall’incontro con alcuni naufraghi che, accolti a bordo dell’imbarcazione, iniziano a destare nel padre il timore che le loro vite siano in serio pericolo.
Inmersión è un saggio visivo sulla paura e sul modo in cui la affrontiamo. Un continuo senso di minaccia permea ogni aspetto del racconto nonostante la dimensione bucolica in cui i personaggi sembrano apparentemente immersi. Alfredo Castro (attore feticcio di uno dei più popolari registi cileni, Pablo Larraín), regala una performance convincente nel ruolo del padre, ottuso e prevenuto verso i nuovi arrivati: convinto che vogliano prendere possesso del suo futuro (le sue figlie), soprattutto non riesce a tollerare che vogliano distruggere il suo passato, bivaccando nei luoghi in cui è cresciuto e utilizzando come tana di ritrovo la sua vecchia casa di famiglia di fronte al lago. Il gap generazionale gli impedisce di trovare un giusto compromesso con le sue figlie; convinte della buona fede dei naufraghi, le due ragazze non accettano quelli che ritengono essere solo pregiudizi da parte del padre che insiste ostinatamente sulle sue convinzioni. La paura, la convivenza forzata e il sospetto trascineranno i protagonisti sempre più a fondo, in immersione nei propri incubi più reconditi. L’alba seguente porterà con sé un terribile senso di perdita e una lezione definitiva.
Il film gioca con maestria su alcuni cliché di genere grazie alla colonna sonora di Paulo Gallo, intensa e disorientante, e all’ottima fotografia di Sergio Armstrong (Ema, Pablo Larraín, 2020) che con colori sempre più cupi distribuisce nuovi equilibri all’interno della geometria visiva del film. Se nella costruzione formale Inmersió” può apparire come un classico thriller, nella sua più profonda identità si presenta come una riflessione sui pregiudizi che ostacolano la possibilità di un onesto incontro con gli altri. Travalicare i confini di genere guardando verso l’ignoto è l’elemento chiave condiviso da tutta la sezione de Le stanze di Rol: Inmersión condivide a pieno queste ambizioni, giungendo a una conclusione che non lascia spazio al manicheismo: siamo tutti sulla stessa barca.
Sara Longo