“THE DAY IS OVER” DI QI RUI

Al suo debutto cinematografico Qi Rui presenta in Concorso la toccante storia di Zhang Jiaxing (Li Yingchun), una bambina di dodici anni in fuga da un mondo opprimente e soffocante. La protagonista, infatti, vive in un villaggio estremamente povero nelle montagne della Cina e un giorno viene presa di mira dai suoi compagni di classe, perché erroneamente accusata di furto.

Assillata dai ragazzi e incompresa dagli adulti, Zhang decide di raggiungere il padre, emigrato a Shenzhen. Ad accompagnarla ci sono due amiche, con le quali condivide un’esistenza segnata dall’assenza dei genitori, l’angoscia per il timore che essi le abbiano dimenticate e la disperazione per la mancanza di calore e protezione che solo la famiglia può garantire. Del resto, le altre figure adulte presenti nel film si rivelano inadatte a prendersi cura delle ragazze, non solo per la distanza generazionale, ma anche per mancanza di empatia. 

Affrontando molteplici sfide, Zhang trova i soldi necessari per affrontare il costoso viaggio verso la città, ma un imprevisto rovina per sempre la speranza di poter ritrovare il padre. Le ragazze sono costrette a fronteggiare un mondo amaro e pieno di insidie, alle quali rispondono prendendosi cura l’una dell’altra. Eppure, non è sufficiente: vivere la propria adolescenza con spensieratezza e allo stesso tempo essere più adulte di quello che l’età richieda è una sfida che le travolge.

Il regista ritrae questo mondo in modo semplice ed essenziale, scegliendo una luce naturale e un uso della macchina a mano tipici di uno stile documentaristico. Soprattutto, pone molta attenzione alla natura, come nei continui dettagli di fiori e insetti, che tornano ciclicamente quasi fossero una punteggiatura, o nei vari racconti, come quello della zia di Zhang, che sentendosi un insetto nella pancia mangia un oleandro e muore. La morte permea un po’ tutto il film, ritornando come costante della natura ma anche nei discorsi delle ragazze che la considerano sia l’approdo a un luogo migliore sia una sorta di panacea, soluzione di ogni problema.

Nel suo primo lungometraggio Rui riesce a far riaffiorare quella sensazione di smarrimento tipico dei piccoli che perdono di vista i genitori, caratterizzata dall’ansia e dalla paura di aver perso per sempre una protezione nel momento di maggiore fragilità. È proprio il bisogno fisico e viscerale di trovare sicurezza che spingerà le ragazze a tuffarsi nello stagno e a trovare una loro personale soluzione alle inquietudini e al disorientamento esistenziale che si trovano prematuramente ad affrontare.

Laura Anania

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