A Kutaisi, seconda città della Georgia, si consuma un orribile maleficio: Lisa (Oliko Barbakadze), giovane farmacista, e Giorgi (Giorgi Ambroladze), calciatore semi-professionista, si incontrano casualmente in una calda giornata d’estate. Subito tra i due scatta la “scintilla” e si dànno appuntamento per rincontrarsi in un bar il giorno successivo. Ma, durante la notte, l’aspetto fisico di entrambi cambia completamente, e i due si ritrovano a vagare per la città in cerca l’uno dell’altra. Servirà un incantesimo altrettanto potente per spezzare il maleficio che ha colpito i due innamorati.
Ambientato in un momento non meglio identificabile del terzo millennio (si sa solo che è estate e in qualche angolo del mondo si stanno svolgendo i campionati mondiali di calcio), What Do We See When We Look at The Sky?”, secondo lungometraggio di Alexandre Koberidze, ha i modi e i tempi di una fiaba contemporanea- addirittura, un cartello chiede agli spettatori di chiudere gli occhi per una manciata di secondi, durante i quali si compirà la trasmutazione dei corpi dei due protagonisti; una fiaba in cui a giocare un ruolo fondamentale sono gli oggetti di tutti i giorni, veri e propri “aiutanti magici” che permetteranno ai protagonisti di prendere contromisure per alleviare gli effetti della maledizione sulle proprie vite. Ed è proprio a questi oggetti, ai dettagli, ai particolari dei corpi dei soggetti umani da lui inquadrati, Koberidze dedica larga parte del suo fluviale lungometraggio, intuendo con sapienza come e quando allargare il campo e quando sganciare la macchina da presa dal treppiede per concedersi riprese più dinamiche; il tutto coadiuvato da un montaggio dai ritmi ora più placidi, ora più frenetici, atto a stuzzicare costantemente l’attenzione dello spettatore.
E, davanti alla macchina da presa, la Città, d’estate, con i suoi riti, le sue tradizioni consolidate, i suoi volti, le sue urla di gioia. Koberidze sembra a un certo punto perdere interesse per le sorti avverse dei due amanti sventurati – che, da parte loro, a un certo punto cominceranno a rifarsi una vita nei loro nuovi corpi – per dichiarare il suo amore incondizionato per la città, per le sue strade inondate dalla luce del sole, e per i suoi vicoli bui e notturni (ottima la fotografia di Faraz Ferashaki); ma soprattutto, per la vita brulicante che si tra quelle strade si muove. Ed ecco allora che What Do We See When We Look at The Sky? si fa più sinfonia metropolitana (accompagnata dalle seducenti musiche firmate da Giorgi Koberidze), che non melodramma dai toni fantastici; ma alla fine, il focus dell’immagine tornerà ai tormenti dei due protagonisti, che proprio grazie a un’immagine filmica troveranno la fine delle loro pene. Vedere per credere.
Alessandro Pomati