Fréwaka, il secondo lungometraggio della regista e scrittrice irlandese Aislinn Clarke, è un coraggioso tentativo di esplorare i lati più oscuri dell’uomo contemporaneo, attanagliato da traumi che emergono dall’incontro con un passato disturbante.
La protagonista, Shoo (Clare Monnelly), preferisce non affrontare la perdita della madre, figura oscura del suo passato, e accetta di lavorare come assistente domiciliare in un misterioso villaggio nelle campagne irlandesi, prestando servizio presso una donna agorafobica, Peig (Bríd Ní Neachtain), che da tempo vive rinchiusa nella sua casa allontanando chiunque cerchi di andarle incontro.
Quello che però angoscia maggiormente l’anziana Peig, oltre ai contatti umani, è la convinzione di essere stata rapita durante la sua festa di nozze dai Na Sídhe, un popolo fatato della mitologia nordica. Cercando di intraprendere una riflessione sui traumi che si tramandano di generazione in generazione, il film tenta di costruire dei legami tra folklore irlandese e un tema attuale come la salute mentale. Nonostante Peig sia chiaramente contraria a ricevere l’aiuto della giovane assistente, con il tempo si delinea tra di loro un legame inaspettato. Shoo, sempre più tormentata dai fantasmi della sua infanzia, si ritrova bloccata in un villaggio dove ogni abitante sembra avere qualcosa da nascondere, e in una casa che le fa perdere progressivamente il contatto con la realtà. Logorata dalla paranoia e dai rituali dell’anziana signora, la protagonista inizia a combattere con i ricordi di un passato oscuro che ritorna insistentemente a tormentarla perché impresso come una cicatrice incancellabile nella sua memoria.
Aislinn Clarke, scegliendo ancora una volta il cinema di genere come terreno prediletto, vuole far sentire al pubblico quel senso di disorientamento che si può provare nel momento in cui si inizia a perdere fiducia nella realtà e si sente di non poter contare più su nessuno. Un film sul trauma come eredità, dove i personaggi incarnano questo disorientamento non riuscendo a far fronte a un dolore che riemergere costantemente. La casa in cui le due donne pensano di proteggersi si trasforma in uno spazio domestico in cui sono da sempre controllate e sottomesse.
Angela Borraccio