Duino (2024) di Juan Pablo di Pace e Andrés Pepe Estrada

“DUINO” DI JUAN PABLO DI PACE E ANDRÉS PEPE ESTRADA

Identità (sessuale) e amore. Quando questi piani dell’esperienza emozionale e soggettiva si intrecciano durante l’età adolescenziale, inevitabilmente tutto si amplifica e diventa confuso. E con la presa di coscienza della maturità, o si viene a patti con se stessi oppure si permane in un limbo.

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In Duino, presentato in anteprima alla 39ª edizione del Lovers Film Festival e proiettato come film d’apertura evento al Torino Film Industry 7, la biografia del protagonista Matias, affermato regista argentino, diventa materia narrativa per un film. Pur rievocando il periodo trascorso al Collegio del Mondo Unito dell’Adriatico a diciassette anni, Matias non riesce a trovare una degna conclusione per il suo lungometraggio. E come potrebbe dato che il suo amore per Alexander, suo compagno di istituto di origini svedesi, non è stato corrisposto?

Il racconto di Duino si presenta innazitutto come un’esperienza metacinematografica, narrativizzata dall’alternanza tra i piani temporali del passato e del presente. La giovinezza di Matias (Santiago Madrussan), memoria e film in fieri, si presentano nella loro naturale spontaneità: legami di amicizia, vita in collegio e la crescente attrazione per Alexander (Oscar Morgan). Questa porzione temporale è dunque il bandolo della matassa.

Duino (2024) - recensione

Il protagonista è conscio che quel primo amore adolescenziale è rimasto “platonico” – sospeso nell’attesa che quella sua mano, tesa a sfiorare l’oggetto del proprio desiderio, trovasse il coraggio di suggellare quella rivelazione. L’unico modo per ultimare il film sarà ritornare al presente: venticinque anni dopo Matias, impersonato dallo stesso regista Juan Pablo, incontrerà nuovamente Alexander (August Wittgenstein).

L’opera prima di Juan Pablo e Andrés Pepe Estrada è un racconto di formazione personale e sessuale, focalizzato sui cambiamenti dell’età e delle esigenze affettive. Juan Pablo, impersonando la controparte quarantenne del protagonista, è dunque la voce della ragione diegetica. Le immagini pittoriche e scultoree della casa di famiglia di Alexander, come l’eco della musica classica, sono invece sublimazione dell’impossibilità di comunicare, pena la rottura dell’equilibrio famigliare e sociale.

Duino, nel mettere in scena la storia non si dimentica di dialogare col pubblico, sensibilizzandolo alla narrativa LGBTQ+ sulla scia di altre opere memorabili come Chiamami col tuo nome.

Alessandra Sottini.

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