Gli adulti sono figure preziose: accompagnano il percorso di crescita e maturità, delimitando con regole e imposizioni talvolta necessarie lo spazio e il microcosmo dei giovani. Tuttavia in My Best, Your Least, genitori e insegnanti si mostrano fin troppo algidi e sordi davanti a coloro che considerano “adulti” in miniatura.
La dinamica e i temi trattati nel lungometraggio d’esordio di Kim Hyun-jung, presentato nel concorso lungometraggi della 42ª edizione del Torino Film Festival, hanno una certa importanza e si rivelano più che mai attuali, soprattutto nel contesto di una realtà sociale, quella sudcoreana, che alimenta dicotomie di ogni genere. Tuttavia, dopo la violenta tempesta da cui muove la narrazione, la conclusione fiduciosa e piena di speranza sarà fin troppo semplice, anche se appagante.
Il lungometraggio mette in scena ciò che promette e mostra il lato migliore e quello più infimo di una giovane insegnante di un liceo femminile, Park Hee-yeon (Jang Yoon-joo). Quando verrà a sapere che un’alunna della sua classe, la diciasettenne Kim Yu-mi (Choi Soo-in), è incinta, la donna dovrà scontrarsi con le proprie insicurezze e si troverà a mettere in discussione le già vacillanti convinzioni imposte dal sistema. Non soltanto scolastico, ma soprattutto sociale e culturale.
Il tema della maternità emerge prepotentemente come filo rosso che accomuna il percorso narrativo non solo delle protagoniste, ma anche di tutte le altre figure di contorno (femminili e non). Il punto di forza drammaturgico risiede proprio nel mettere in luce le diverse esperienze personali e i differenti approcci ideologici alla questione, le cui contraddizioni sembrano insanabili se risolte secondo regole fredde e meccaniche. Lo stigma della “colpa” attribuita solo a colei che ne porta i segnali evidenti è senza dubbio il nodo centrale di riflessione. Tuttavia, l’intreccio suggerirà implicitamente una soluzione: la presa di posizione delle giovani compagne di liceo di Yu-mi, che vorrebbero essere ascoltate e non giudicate.
La regista e sceneggiatrice Kim Hyun-jung lavora per sottrazione. Concentrarsi sugli sguardi attoniti e disincantati delle protagoniste permette alla regista di imbastire una critica aperta al benpensare della società sudcoreana. My Best, Your Least si presenta quindi come uno spaccato agrodolce ma schiettamente sincero sulle difficoltà delle donne a decidere in libertà e senza condizionamenti morali.
Alessandra Sottini.