“NORWEGIAN DEMOCRAZY” DI FABIEN GREENBERG E BÅRD KJØGE RØNNING

“Tutti possono esprimersi liberamente sul governo dello Stato e su qualsiasi altro argomento”, così recita l’articolo 100 della Costituzione del Regno Norvegese e sembra che in merito a ciò i membri del gruppo SIAN (Stop Islamization of Norway) abbiano deciso di applicarlo in maniera letterale attaccando pubblicamente la religione islamica.

È su questa inquietante vicenda che si concentra il documentario diretto da Fabien Greenberg, regista e produttore francese, e Bård Kjøge Rønning, scrittore e regista norvegese. I due autori hanno voluto mettere al centro del loro film il concetto di libertà di parola, tematica fortemente dibattuta nelle democrazie contemporanee che faticano a definire i limiti tra diritto e dovere. Ad aumentare il livello di follia della vicenda è il fatto che questo gruppo si sia originato in uno dei Paesi europei più all’avanguardia per quanto riguarda i diritti umani, la cui politica, dopo la Seconda guerra mondiale è stata gestista da governi socialdemocratici.

Il documentario segue passo dopo passo le vicende dei membri del gruppo SIAN, guidato da Lars Thorsen e dalla compagna Fanny Braten. Si definiscono attivisti anti-islamici che hanno il “dovere” di proteggere la Norvegia da tutti gli “stranieri stupratori, violenti e pericolosi per la tradizione e la pace della Nazione”. Non si dichiarano razzisti, perché ritengono che opporsi all’Islam non sia una scelta religiosa bensì politica, motivo per cui considerano un loro diritto dare fuoco pubblicamente a un testo sacro per l’Islam come il Corano. I registi si concentrano sui dibattiti pubblici, rivelando la tutela che lo Stato offre a queste persone, mostrando la contraddittorietà dell’atteggiamento delle forze dell’ordine, che sembrano voler difendere chi incita all’odio e rappresenta un pericolo per sé e per gli altri.

La regia tenta di mantenere un atteggiamento di totale neutralità, con un montaggio il più oggettivo possibile: non mostra il loro lato umano, non empatizza con loro, ma è proprio nell’oggettività della videocamera che si intuisce la presa di posizione degli autori, che in ultima istanza restituiscono un ritratto grottesco del gruppo estremista. Ciò è enfatizzato dalla scelta di mostrare in parallelo l’attività politica di Axel, giovane studente che, con la calma e e la razionalità che contraddistingue tutto il popolo norvegese nel documentario, cerca di trasmettere i propri ideali di uguaglianza e libertà.

Greta Maria Sorani

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