Che cosa si è disposti a fare, in che condizioni si è disposti a vivere, pur di tenere fede alla propria natura? È il quesito che Ponyboi (2024) – secondo lungometraggio del regista e sceneggiatore colombiano Esteban Arango dopo Blast Beat (2020) – sembra voler porre allo spettatore.
Basato sull’omonimo cortometraggio del 2019 scritto e diretto da River Gallo – qui nel ruolo di protagonista –, l’ultimo film di Arango approfondisce la situazione esistenziale di Poniboy, persona intersex costretta a prostitursi e a lavorare per uno spacciatore dopo la fuga, in giovane età, da una famiglia per nulla comprensiva, che lə aveva costrettə nel ruolo di maschio etero. Lo spettatore segue, in una sorta di catabasi onirica, l’intensa vicenda di Ponyboi, che il giorno di San Valentino arriva a fare i conti con le proprie scelte di vita e con il proprio passato.
Se la fotografia e lo stile patinato rimandano all’universo visivo ed esistenziale della serie Euphoria di Sam Levinson con cui condivide certe atmosfere allucinate e il look audace, il ritmo discontinuo del film a tratti sembra perdere il centro della vicenda. Il personaggio interpretato da Gallo risulta spesso sovrastato dalle performance attoriali di Dylan O’Brien e Victoria Pedretti, rispettivamente nei ruoli di Vinny, lo spacciatore, e Angel, la migliore amica di Ponyboi, nonché sua ultima risorsa di salvezza. River Gallo, interprete intersex, accetta qui di mettersi a nudo, mostrando allo spettatore, senza retorica o banalità, l’esistenza complessa di chi vive al confine tra maschile e femminile all’interno di un sistema binario.
Greta Maria Sorani