“Questo è il primo giorno del resto della vostra vita” dice una voce dagli altoparlanti. Siamo in una vecchia fabbrica di macchinari per l’edilizia a Città del Messico: tutti i dipendenti lavorano in serenità, c’è un clima familiare, regna il buonumore. Tutto è idilliaco. Per i primi dieci minuti del film. Un evento sconvolgente infrange la routine: il loro amato capo, Don Alejandro, viene trovato senza vita nel retro del magazzino.
Si scopre quindi che in l’azienda è in realtà sull’orlo del fallimento da anni, anche a causa della crisi del settore manifatturiero messicano, e che il salario di ognuno dei dipendenti veniva pagato direttamente da Don Alejandro, di tasca sua. A quel punto i dipendenti vengono presi dallo sconforto e nella fabbrica inizia a regnare il caos.
Questo incipit molto semplice dà la possibilità a Joaquín del Paso, giovane regista messicano alla sua opera prima, di riflettere e ragionare su temi molto complessi che riguardano la società contemporanea e, più in generale, la condizione umana. Il contabile dell’azienda organizza un bizzarro incontro sul superamento di un lutto, e propone una divisione in fasi nelle quali sembra dividersi anche lo stesso film, quasi fossimo noi spettatori a dover elaborare il dramma. La morte del capo diventa l’emblema di una decadenza, il declino di una condizione a cui i dipendenti, e in senso più ampio gli uomini, sono sempre stati abituati senza domandarsi da dove provenisse quel benessere. Questa improvvisa mancanza di certezze porta allo smarrimento: i personaggi serrano i cancelli e si rinchiudono nella fabbrica per nascondere la situazione e non affrontare difficoltà che non sono mai stati abituati ad affrontare.
Con il passare delle ore, gli inconcludenti operai di Maquinaria Panamericana, perdono piano piano le speranze di poter salvare la situazione. Le convenzioni sociali vengono a mancare e si rivelano i più reconditi e inaspettati tratti dei personaggi. Si creano situazioni grottesche che strappano un sorriso a denti stretti agli spettatori, che percepiscono di far parte in qualche modo di questo spaccato di vita. Un film che intrattiene piacevolmente, ma che volutamente lascia aperti molti interrogativi.
Come racconta lo stesso regista, la pellicola nasce da un’evento realmente accaduto a città del Messico. Lui stesso ha deciso di utilizzare una fabbrica che sarebbe stata demolita da lì a 5 mesi come unica location, e gli stessi ex dipendenti come attori, che hanno portato in scena la loro reale condizione di vita