Spazio ai giovani promettenti del panorama internazionale
Con Tôi quên rôi –I forgot, il giovane regista argentino Eduardo Williams propone questa volta un lavoro più lungo del suo precedente cortometraggio: ventisei minuti in cui mostra, in modo discontinuo, le esistenze anonime di alcuni ragazzi che trascorrono le loro giornate tra il lavoro, le uscite e il parkour. Quella che viene rappresentata è una generazione pronta a saltare da un tetto all’altro, che vive sospesa in una realtà a mezz’aria. Dichiara il regista: «Questo film è nato come un’opportunità per me di collocarmi nel luogo ipotetico che preferisco quando dirigo o guardo un film, ovvero lontano da ogni certezza. Cerco sempre di perdermi dentro queste esperienze, così da generare il vuoto che mi dà la possibilità di superare i miei limiti». L’immagine che ne risulta è quella di una quotidianità snervata e snervante, esasperata dall’uso della camera a mano. La trama risulta troppo lacunosa e la fotografia fastidiosa, se non per l’ultima ripresa dall’alto che chiarisce allo spettatore il senso della frammentarietà delle scene.Sicuramente più gradevole all’occhio è La huella en la niebla, anch’esso opera di un regista argentino, Emiliano Grieco. Racconta la storia di Elias, un uomo ferito che ritorna nella sua isola con la speranza di ricostruirsi una vita. La ferita, però, non guarisce e nonostante i suoi sforzi la nebbia finisce per inghiottirlo. Grieco non utilizza un attore professionista, ma un pescatore; non utilizza dialoghi, ma è l’acqua a sembrare a tratti la vera protagonista del film. Completamento del documentario The Son of the River, La huella en la niebla si pone a metà tra le grandi narrazioni di Dickens e Conrad e il documentario, avvalendosi di un ottimo uso della fotografia. Il contrasto tra immagini a fuoco e fuori fuoco funge da trait d’union narrativo, permettendo di sfruttare le suggestioni offerte dal paesaggio per descrivere le emozioni di un uomo che tenta di risalire attraverso il fiume le tracce del passato, senza risultato. Nel complesso, però, la narrazione emerge estremamente “nebulosa” e l’obiettivo di collocare il personaggio in un limbo interiore, purtroppo, lascia nel limbo anche lo spettatore.