Memoriale di una malattia
Un film bergmaniano. Così è stato presentato ai giornalisti Luce mia, il film di Lucio Viglierchio, nato da un’idea di Viglierchio e Sabrina Caggiano che ne è anche la protagonista. L’ultimo lavoro del regista torinese nasce da una collaborazione con la Rai e grazie ai fondi ricevuti dal Piemonte Doc Film Fund.
Luce mia è anche un progetto transmediale, in quanto esistono un blog in cui sono raccontate le storie di Lucio e Sabrina (www.lucemia.it/film) e una piattaforma web che raccoglie testimonianze di medici, referti, diagnosi, analisi e risultati del percorso medico di Lucio: un luogo virtuale in cui si possono trovare informazioni scientifiche sulla leucemia e ricevere risposte alle domande più frequenti (www.lucemia.it/webdoc). Luce mia è quindi un esempio di cinema immersivo che approfondisce la sconosciuta realtà ospedaliera all’interno di quei reparti caratterizzati dall’isolamento.
Lucio Viglierchio spiega come l’intento principale del film fosse quello di documentare l’isolamento terapeutico e l’atroce dolore provocato dalle cure che ha dovuto sostenere. La conoscenza di Sabrina Caggiano trasforma il racconto e lo conduce verso un sentiero differente. Il nuovo obiettivo del regista diventa quello di testimoniare la storia di Sabrina ma soprattutto i sentimenti e le paure della protagonista che, inevitabilmente, coincidono con quelle che appartenevano a Lucio.
Luce mia si inserisce in quel filone di documenrari, film a soggetto e serie televisive (come ad esempio Braccialetti rossi) che tentano di modificare l’errata percezione che il pubblico ha del dolore. Perché il dolore deve univocamente essere associato allo spavento o al timore? Per rimediare a questo luogo comune, il regista opta per la fusione di elementi documentaristici con elementi espressivi tipici della fiction.
Alla domanda di un giornalista: “Come è possibile resuscitare dopo una malattia che ha divorato per anni anima e corpo”? Lucio Viglierchio ha le idee chiare e risponde: “Bisogna ritrovare il proprio equilibrio perché la vita continua ed è una sola”.