Tutti gli articoli di Alessandro Arpa

“Evolution” di Lucile Hadzihalilovic – Conferenza stampa

Alla domanda “Quali sono i registi che più l’hanno influenzata?” risuonano nella sala due nomi: Dario Argento e David Cronenberg. Questa la risposta che Lucile Hadzihalilovic dà ai giornalisti durante la Conferenza stampa tenutasi oggi 24 Novembre riguardo il suo nuovo film Evolution. Suoi Maestri sono Dario Argento per la sua concezione di horror e per la scelta delle locations, David Cronenberg per la capacità di riprodurre sullo schermo le metamorfosi del corpo. Aggiunge anche che le letture dei miti classici da cui ha tratto l’idea delle creature marine, e degli scritti di Howard Philips Lovecraft sono state fondamentali per la realizzazione del film.

Dopo Innocence del 2004, ambientato in una scuola isolata dal mondo frequentata da innocenti bambine, in Evolution vi sono solo donne e bambini. La regista francese dichiara che la mancanza di uomini nel film accentua maggiormente il suo aspetto orrifico perché nessuno può contrastare le donne che, schiavizzando i bambini, li usano a loro piacimento provocando il loro smarrimento. I personaggi sono rinchiusi in un mondo claustrofobico. L’ambientazione buia e che non lascia respiro rende il racconto terrificante.

24/11 - conferenza Evolution con Lucile Hadžihalilović

Il progetto originale di Evolution prevedeva un numero maggiore di elementi fantascientifici poi accantonati a causa dello scarso budget a disposizione. Sono numerose, invece, le immagini crude che danno una rappresentazione realistica della situazione (forse scorie del cinema di Gaspar Noé – il quale tra l’altro è suo marito).

Evolution è il frutto di angosce personali ma anche un tentativo di risposta alle teorie darwiniane proponendo una visione della Terra abitata da altre creature oltre l’essere umano.

“Heterophobia” di Goyo Anchou

Dopo la visione del bellissimo cortometraggio di Pappi Corsicato Pompei Eternal Emotion, qualcuno del pubblico lascia la sala, altri sono intimoriti dal prossimo film o forse solo dal suo titolo: Heterophobia. Cala il buio. Appare un personaggio, Mariano, che si masturba. Altri spettatori se ne vanno, schegge di perbenismo lasciano la sala. Mariano per un minuto è amore meccanico. Così si apre Heterophobia, “una rapsodia antipatriarcale”, lungometraggio di Goyo Anchou.

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“Symptoma” di Angelos Frantzis

Dopo Into the Woods del 2010, Symptoma è il nuovo lavoro del regista greco Angelos Frantzis. A chi si avvicinasse solo adesso al cinema greco, questo film potrebbe risultare straniante, un groviglio in cui si disperdono onirismo e deliri concettuali. Il cinema greco contemporaneo è la meticolosa fusione di elementi fantastici, surrealistici e, a tratti, esoterici ma riesce raramente a plasmarli nella maniera corretta.

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“Luce Mia” di Lucio Viglierchio – Conferenza stampa

Memoriale di una malattia

Un film bergmaniano. Così è stato presentato ai giornalisti Luce mia, il film di Lucio Viglierchio, nato da un’idea di Viglierchio e Sabrina Caggiano che ne è anche la protagonista. L’ultimo lavoro del regista torinese nasce da una collaborazione con la Rai e grazie ai fondi ricevuti dal Piemonte Doc Film Fund.

Luce mia è anche un progetto transmediale, in quanto esistono un blog in cui sono raccontate le storie di Lucio e Sabrina (www.lucemia.it/film) e una piattaforma web che raccoglie testimonianze di medici, referti, diagnosi, analisi e risultati del percorso medico di Lucio: un luogo virtuale in cui si possono trovare informazioni scientifiche sulla leucemia e ricevere risposte alle domande più frequenti (www.lucemia.it/webdoc).  Luce mia è quindi un esempio di cinema immersivo che approfondisce la sconosciuta realtà ospedaliera all’interno di quei reparti caratterizzati dall’isolamento.

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“Luce mia” di Lucio Viglierchio

Luce mia è il film di Lucio Viglierchio presentato nella sezione Festa Mobile della 33° edizione del Torino Film Festival. Il regista racconta, con sguardo documentaristico, il periodo trascorso in ospedale a causa di una malattia: la leucemia mieloide acuta. Viglierchio punta l’attenzione sul dolore provocato dalle cure, sull’isolamento terapeutico e su come, estinto il morbo, la vita sia cambiata inevitabilmente. Ma di fronte alla nascita di una figlia, il regista capisce che bisogna seppellire i tristi ricordi del passato per ricercare un equilibrio che permetta di sentirsi ancora vivi.

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“Mountain” di Yaelle Kayam

Il Monte degli Ulivi, per tradizione biblica, è il luogo in cui Dio farà rinascere i morti quando sarà giunta la fine dei secoli. Dirupi e rocce delineano un paesaggio composto da tortuosi e labirintici sentieri costellati da un numero imprecisato di lapidi. Una casa scavata nella roccia separa il mondo dei morti da quello dei vivi. In questo luogo trascendentale e spirituale vive Tzvia (interpretata da Shani Klein), la protagonista del nuovo lavoro di Yaelle Kayam: Mountain.

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“God Bless the Child” di Robert Machoian e Rodrigo Ojeda-Beck

“Hush bye bye, don’t you cry, go to sleepy little baby, when you wake you shall have all the pretty little horses…” Harper ha solo quattordici anni. Canta la ninnananna la sera, e la mattina accudisce quattro fratelli: Elias, il ribelle di 12 anni, Arri (8 anni), Ezra (5 anni) e Jonah di 2 anni. Essere la sorella maggiore non è una punizione ma lo diventa se mamma è altrove, persa in un periglioso conflitto con la propria autostima.

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“Bella e perduta” di Pietro Marcello

<<Chi la ridusse a tale? E questo è peggio,/ Che di catene ha carche ambe le braccia; / Sì che sparte le chiome e senza velo / Siede in terra negletta e sconsolata, / Nascondendo la faccia / Tra le ginocchia, e piange. / Piangi, che ben hai donde, Italia mia…>>.

Dopo La bocca del lupo, vincitore della 27a edizione del Torino Film Festival, il Tff dedica la serata di pre-apertura al nuovo travagliato lavoro di Pietro Marcello intitolato Bella e perduta. Unico film italiano in concorso al Festival Internazionale del Film Locarno 2015, Bella e perduta è una docu-fiaba amara, una denuncia poetica del collasso tra natura e uomo. Ma è anche un requiem stonato per la Repubblica italiana, un candido urlo contro gli indifferenti, casta immortale di disfattisti.

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“Mike Tyson: tutta la verità” di Spike Lee

Un diretto a Mike Tyson

Quando bisogna ritrarre una delle personalità più conosciute del XX secolo, Spike Lee non sbaglia mai. A maggior ragione se si tratta di un uomo cresciuto nella Grande Mela e di colore. Dopo Malcolm X del 1992 e il documentario del 2002 Jim Brown: All-American sulla vita dell’omonimo giocatore di football americano, Spike Lee realizza un docufilm su Mike Tyson. Mike Tyson: tutta la verità non è altro che la ripresa di uno spettacolo teatrale che il pluricampione dei pesi massimi di pugilato tenne all’Imperial Theatre di New York. Il film, realizzato per la rete televisiva americana HBO, è un monologo del pugile di circa 90’: “This is my story. My mistakes, my heartaches, my joy, my sorrow, my gift, my life, my undisputed thruth”. Continua la lettura di “Mike Tyson: tutta la verità” di Spike Lee

“Ida” di Pawel Pawlikowski

1962. Cresciuta in un convento polacco, l’orfana Anna si prepara a prendere i voti. Prima di concedere la sua esistenza a Dio, la madre superiora le consiglia di visitare la zia Wanda, l’ultima sua parente in vita. Anna segue il consiglio e l’incontro con la zia è rivelatore perché scopre di essere ebrea e conosce il suo vero nome: Ida Lebenstein. Le due donne partono alla ricerca di indizi per comprendere come siano morti i genitori di Ida. L’ultimo lavoro di Pawel Pawlikowski è un dramma a due voci. Seppure la struttura sia lineare e a dir poco canonica, il regista polacco, come la maggior parte dei registi dell’Est, traccia ritratti psicologici vividi e dettagliati delle due protagoniste. Continua la lettura di “Ida” di Pawel Pawlikowski

Conferenza stampa di apertura di Sottodiciotto Film Festival 15

Giunto alla sua XV edizione, il Sottodiciotto Film Festival, dedicato al cinema fatto da e per i più giovani e ai film che ritraggono le nuove generazione e quelle passate, si svolgerà dal 5 al 12 Dicembre. Pur risentendo fortemente della disastrosa condizione economica e degli innumerevoli tagli, l’edizione 2014 promette una programmazione ricca di sorprese, con 31 titoli (erano 50 l’anno scorso). Organizzato da Aiace Torino e da Città di Torino –Direzione Cultura Educazione e Gioventù – ITER, l’evento fa del noto verso di Giovenale “Mens sana in corpore sano” il suo motto, richiamando così i giovani ad una riflessione personale e collettiva che contribuisca a creare una comunità che punti al progresso attraverso una sana convivenza sociale fatta di rispetto per gli altri e rispetto per le regole. Continua la lettura di Conferenza stampa di apertura di Sottodiciotto Film Festival 15

Quattro cortometraggi “In the Claws of Light”

In the Claws of Light è il titolo sotto il quale Davide Oberto ha raggruppato quattro film che compongono parte della sezione Italiana.corti. Un esplicito omaggio al cinema di Lino Brocka, regista filippino nonché uno dei massimi esponenti del cinema queer, scomparso prematuramente nel 1991 a causa di un incidente stradale. Continua la lettura di Quattro cortometraggi “In the Claws of Light”

“Anuncian sismos” (“Announce Erathquakes”) di Rocio Caliri e Melina Marcow

Breve invito al suicidio

Avete presente un Manet dipinto dai carcerati? Ecco questo è Anuncian Sismos, opera prima di Rocio Caliri e Melina Marcow, giovanissime registe argentine. Il film, prodotto dalla Hulot Cine, è ispirato ad una storia vera. Una città del Nord dell’Argentina è colpita da numerosi suicidi giovanili; decide quindi di prendere precauzioni e studiare una strategia per risolvere il problema. Continua la lettura di “Anuncian sismos” (“Announce Erathquakes”) di Rocio Caliri e Melina Marcow

“Mange tes morts” di Jean-Charles Hue

Meglio macellai che vitelli

Mange tes morts è il peggior insulto che si possa dire ad uno zingaro ed è anche il titolo del nuovo lavoro di Jean-Charles Hue, regista che aveva già partecipato al Torino Film Festival nel 2009 con Carne viva, un ritratto di Tijuana. Il nuovo lungometraggio di Hue è un bildungsfilm che nel finale diventa un road movie dai tratti esistenzialisti. Il film, nella parte iniziale molto documentaristico, è ambientato nella comunità nomade dei Jenisch. La trama è semplice, anche fin troppo, e consiste in un viaggio tra i “gadjo” (i non gitani), per rubare un carico di rame. Continua la lettura di “Mange tes morts” di Jean-Charles Hue

“Abacuc” di Luca Ferri

“Il postmodernismo è flatulenza”. Luca Ferri: alla ricerca di una nuova estetica

Nessuno può negare che il cinema italiano stia vivendo una condizione difficile. Eppure il Torino Film Festival scova un gioiello: Abacuc di Luca Ferri. C’è chi crede che tutto sia stato già realizzato e che si assista ad un’inesorabile riproposizione di modelli preesistenti. Ecco, non avevano ancora visto l’ultimo lavoro di Ferri.  Abacuc è un “film di morti, con morti e fatto da morti”, tanto innovativo da oscurare il cortometraggio proiettato poco prima di Giacomo Abruzzese dal titolo This Is the Way (la storia di una ragazza con due madri lesbiche e due padri gay), interamente girato con uno smartphone. Continua la lettura di “Abacuc” di Luca Ferri

“Walking with Red Rhino – A spasso con Alberto Signetto” di Marilena Moretti

“I registi devono essere spietati altrimenti sono per il catering”

Alberto Signetto era sicuramente “spietato”. Amava paragonarsi a un rinoceronte perché era un “animale cocciuto, grosso, ingombrante e poco addomesticabile, infido…” e rappresentava la lotta al conformismo. Walking with Red Rhino – A spasso con Alberto Signetto, l’ultimo lavoro di Marilena Moretti, omaggia uno dei cineasti torinesi più sottovalutati. Continua la lettura di “Walking with Red Rhino – A spasso con Alberto Signetto” di Marilena Moretti

Cinque cortometraggi di Josephine Decker

 

Dagli States, echi di favole gotiche

Un dolce terremoto è l’omaggio dedicato alla giovane filmmaker americana Josephine Decker. Gone Wild, Madonna Mia violenta, Thou Wast Mild and Lovely, Balkan Camp e Butter on the Latch sono i cinque lavori presentati al Torino Film Festival. Tra accenti mumblecore e realismo magico, le opere della regista statunitense devono molto ai film di Joe Swanberg (regista del celebre Uncle Kent), che la Decker stessa definisce suo mentore, e all’ossessiva simbiosi panica che è alla base dei romanzi di John Steinbeck. Continua la lettura di Cinque cortometraggi di Josephine Decker

“DIPLOMATIE” – “DIPLOMACY. UNA NOTTE PER SALVARE PARIGI” DI VOLKER SCHLÖNDORFF

Dopo anni di assenza, Volker Schlöndorff, uno dei massimi esponenti del Nuovo Cinema tedesco, ritorna nelle sale italiane con Diplomacy – Una notte per salvare Parigi, adattamento di una pièce teatrale di Cyril Gely. Dopo La mer à l’aube, il regista tedesco porta sullo schermo un episodio realmente accaduto durante la Seconda guerra mondiale.

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