C’è una carovana di colori che ogni anno arriva in città e ne festeggia l’istituzione regina (il cinema) invitando dal più piccolo sognatore al più dotto dei suoi critici. Il Torino Film Festival sfoggia per la sua 34esima edizione un perturbante abito viola come il punk e nero come un horror.È annunciato in sala (la 2 del Cinema Massimo) da una percussione di ciak, tanti quanti saranno i suoi film in programma, o forse più: mai rullo di tamburi fu più adatto a catalizzare la suspense, prima che il buio consueto cali su tutti e uno spot da fantascienza prometta cose inimmaginabili… poi parte la staffetta degli interventi, tra molti flash e bocche già con l’acquolina: a condurla è Emanuela Martini, direttrice del Festival, affiancata da Paolo Damilano, presidente MNC, Antonella Parigi e Francesca Leon, assessori alla Cultura di Regione e Comune, Roberto Nepote, direttore del Centro di Produzione Rai di Torino, infine Davide Oberto e Roberto Manassero, rispettivamente i coordinatore della sezione Documentari e selezionatore della sezione Onde.
Così l’edizione scopre cauta i suoi veli: quindici film in concorso tra opere prime e seconde, diciassette nazioni rappresentate, la sezione di un guest director d’eccezione come Gabriele Salvatores (i cui Cinque pezzi facili lo portarono dalla giurisprudenza alla cinematografia). E poi la sezione Retrospettive e il Gran Premio Torino tributato a Christopher Doyle; il Premio Maria Adriana Prolo e la Festa Mobile, contenitore dei film più attesi come Sully di Clint Eastwood e La felicità umana di Zaccaro. Ancora: la Festa Vintage che omaggia il passato con il restauro di The dear hunter, Intolerance, Palombella rossa, e l’inedito mediometraggio Giovanna di Gillo Pontecorvo.
E se tutto questo ancora non bastasse a catturare l’immaginazione di chi ha tanta curiosità e poca pazienza, ecco servite le anticipazioni, tra i documentari, di tre opere prime firmate da altrettante registe sudamericane, e il classico focus con tema d’amore (il più politico). Poi largo al cortometraggio, col Premio Chicca Richelmy «per chi ancora rischia di innamorarsi dei corti». Il Torino Film Lab, il Torino Short Film Market, il cinema antinarrativo e sperimentale di Onde, coi suoi dodici progetti di autori nuovi ed esperti in gioco col rapporto tra realtà, immagine e fotografie. Gli occhi spalancati di tutti gli astanti si aprono di più, se possibile, all’udire della bizzarra categoria Afterhours (e Sexyhours), al pregustare delle stralunate Cose che verranno.
Non resta che aspettare, solo ancora un po’, che sui tasti di quella macchina da scrivere irrompa un mitico smoking, si accenda un riflettore, e lui indichi proprio te che te ne stai lì da un anno, in attesa della carovana ch’è tornata.