In una Lisbona soffocata dalla crisi economica, gli operai di un fabbrica di ascensori si trovano a dover lottare contro la chiusura dello stabilimento. Dopo l’organizzazione di un’occupazione, il gruppo si ritrova solo con la fabbrica da gestire in autonomia, poiché i dirigenti spariti da un giorno all’altro. Cominciano così un periodo di completa inattività in cui gli operai in abiti da lavoro attendono vicino ai loro macchinari spenti che finisca il turno per poter tornare a casa.
Il film si interroga anche, e più filosoficamente, sul concetto di crisi, sul capitalismo, sulle classi sociali, inserendo discussioni su queste tematiche che sembrano però ignorare le vite delle persone che tutti i giorni vanno a lavorare in una fabbrica ormai ferma. Il film fa poi uno zoom sulla vita di uno di questi operai e descrive lo sgretolarsi dei suoi rapporti personali, la mancanza di denaro legata al protrarsi dell’occupazione Lo svolgimento procede ineluttabilmente verso la completa perdita della speranza, che neanche il finale colpo di reni rappresentato dall’invio di un’ordine per la fabbrica riesce a frenare.
A fabrica de nada, organizzato come un mosaico di piccoli elementi che dal microcosmo di Lisbona finiscono per offrire una visione più ampia della crisi europea – e attraverso molti generi – restituisce il malessere degli operai, il loro senso di impotenza. Il trascinarsi delle giornate, il ripiegamento su se stessi ben rispecchia l’andamento generale di un film che nonostante alcuni momenti di piacevole humor si perde nella narrazione, procedendo con fatica verso un finale che sembra irraggiungibile.
Apprezzabile l’uso del formato 35 mm e in generale la fotografia, che restituisce un mondo con un’autenticità e un realismo dal sapore documentario. Lo spettatore si chiede quanto di inventato sia stato aggiunto alla storia. Solo in alcuni momenti il regista ci richiama bruscamente a guardare il film come un’opera di fiction – ad esempio durante l’ultimo dialogo tra un operaio e il giornalista che sta seguendo vicenda dell’occupazione. Persino il momento in cui il film vira improvvisamente nel musical, permane l’impressione di un racconto in presa diretta, con uno degli operai che stupito ammonisce gli altri che si sono messi a cantare.
A fabbrica de nada è un incredibile mélange di generi e storie che purtroppo non riesce ad essere totalmente incisivo.