Guinea-Bissau, primi anni ’70. Mentre nel piccolo Stato africano infuria la guerra di liberazione dal regime coloniale portoghese, un manipolo di aspiranti cineasti parte alla volta di Cuba. Obiettivo della missione: imparare a fare cinema. L’iniziativa è di Amilcare Cabral, storico leader del partito indipendentista guineense, che con lungimiranza intuisce la necessità di affiancare alla lotta armata una più vasta azione di risveglio culturale. Per liberare un popolo dall’oppressione coloniale le armi non bastano. Ci vogliono educatori, insegnanti, divulgatori, artisti.A distanza di quarant’anni però, dell’utopia di Cabral rimane poco più che un ricordo. La fame dilania il Paese, e la memoria storica della lotta per l’indipendenza è offuscata dalla povertà e dalla corruzione. Le pellicole girate da quel drappello di registi di ritorno da La Havana giacciono adesso abbandonate in un magazzino.
Proprio da qui parte Spell Reel, l’ultimo visionario viaggio di Filipa César, il cui proposito è chiaro: ridare voce a ciò che resta di quelle testimonianze, strappandole all’indifferenza e all’usura del tempo.
Il lavoro della César è un’opera complessa, intelligente, che insiste su più livelli, primo fra tutti quello concreto e fisico della pellicola. Spell Reel è infatti principalmente un’impresa di restauro, che ha previsto la sbobinatura e la conversione in digitale di preziosissimi materiali in rapido disfacimento. Salvate dal tempo, le immagini possono finalmente riconquistare la dimensione narrativa e collettiva per la quale sono nate. Vengono proiettate nelle piazze buie delle città guineensi, in cinema di fortuna allestiti con teli bianchi e qualche tirante. Attorno ad esse si raccolgono le vecchie e le nuove generazioni, le loro ansie, le paure, le frustrazioni, i ricordi.
Filipa César riprende e racconta queste esperienze con la sensibilità artistica che la contraddistingue, facendo di Spell Reel un’opera ibrida, in bilico costante fra documentario, metacinema e visual art. La narrazione non è lineare ma segue le suggestioni che scaturiscono delle immagini. Esse si aggregano, si disgregano, più volte si sovrappongono e creano arditi split screens che moltiplicano i punti di vista.
Esplorare lo schermo, rispondere alle sollecitazioni visive e sonore, leggere i simboli; è questo l’invito che Filipa César sembra volgere al pubblico di Spell Reel, proponendo un viaggio impegnativo ma appagante, che travalica i confini della Guinea-Bissau e giunge fin qui, nel nostro Occidente, a interrogarci sul valore di parole come democrazia, libertà e autodeterminazione.