Vi sono infiniti modi di accostarsi alla trasposizione cinematografica di una tragedia greca, ma quello adottato dal regista piemontese Tonino De Bernardi si è sempre distinto, a partire da Dèi del 1968 e da Elettra del 1987, per lo stretto legame con la realtà. Nel caso di questo lungometraggio, inserito non casualmente nella sezione Onde del Torino Film Festival, la realtà è la vera e propria protagonista della tragedia, e si manifesta attraverso le riprese effettuate da De Bernardi in diversi luoghi e tempi.
In una sinergia di materiale documentario e messa in scena, De Bernardi ci porta assieme a lui in Eubea, nell’odierna Amarynthos che si trova proprio di fronte all’antica Aulide, e ci rende spettatori della tragedia con lo stesso metodo utilizzato dagli antichi greci, e cioè mettendoci di fronte all’umanità vera e propria.
Conoscenti ed amici di De Bernardi leggono le diverse parti dell’opera in greco (soltanto Ifigenia recita a memoria), venendo man mano designati a favore del pubblico con il loro ruolo in sovraimpressione; il regista inserisce anche riprese effettuate a Cannes, Ventimiglia e Torino, tutte con camera a mano. Questa scelta porta gli spettatori direttamente all’interno del contesto tragico, che deriva tanto dal testo letto dai personaggi quanto da ciò che De Bernardi ha visto sia in Grecia che a Ventimiglia, testimoniando in prima persona l’arrivo di migranti su un gommone di fortuna e le problematiche di frontiera. A mettere al centro questo aspetto più modernamente tragico, nel corso di tutto il film diverse persone trascinano due giubbotti di salvataggio con sé, partendo dalla Grecia, passando per Cannes e giungendo fino alle strade di Torino.
Vi sono anche diverse riflessioni sulla crisi greca, altra moderna tragedia. Le conversazioni, le riprese al mercato, tra le capre o nelle feste di paese, non sono un contorno della tragedia letta dai personaggi che guardano direttamente in camera, ma sono parte organica di essa, con un richiamo continuo dei versi attraverso le immagini.
Al Q&A tenutosi al Reposi, De Bernardi ha dichiarato di voler rendere il clima doloroso della guerra di Troia al giorno d’oggi, in cui troviamo altrettanto dolorose vicende. Il lavoro del regista presuppone una profonda comprensione della tragedia stessa: Ifigenia è l’unica a saper cosa dire perché anche in Euripide è l’unica a dimostrare, tra l’esitazione e disperazione degli altri, di sapere cosa fare.
La tragedia greca è sempre stata eccellente nel rappresentare attraverso dei ed eroi l’umanità ai suoi minimi termini, e si può dire che il film di De Bernardi riesca nella stessa impresa.