Verte sulla precarietà questo “romanzo di formazione fuori tempo massimo”, come l’ha definito il regista stesso, che indaga il dissidio tra età biologica e psicologica. Duccio Chiarini arriva a Torino con il suo secondo film, L’ospite, compreso tra i titoli della sezione Festa Mobile del Torino Film Festival e accolto con calore dal pubblico in sala.
Un racconto equilibrato che mescola sapientemente ironia e dramma mostrando il “viaggio” di Guido, ricercatore universitario sulla soglia dei quaranta costretto a ricomporre i pezzi della propria esistenza dopo una relazione fallita.
Un viaggio sui divani, nelle vite e negli amori degli altri, che arricchisce l’esperienza individuale attraverso l’osservazione di una condizione collettiva. Il film descrive accuratamente una società – la nostra – in cui l’individuo è ossessionato dalla propria felicità e scruta con diffidenza l’esistenza di un “noi” come minaccia alla libertà individuale. L’uomo contemporaneo vuole realizzarsi, sperimentare, scombinare costantemente le carte in tavola, terrorizzato all’idea di vivere una situazione (e una relazione) definita. Il protagonista vede sgretolarsi senza rimedio le certezze dei coetanei ma anche dei propri genitori, non immuni al contagio universale della provvisorietà.
L’ospite riflette con efficacia e delicatezza anche sul problema di una mascolinità che necessita di una profonda ridefinizione di fronte a una femminilità sempre più emancipata e consapevole. Assistiamo a un irrisolto ribaltamento di ruoli: mentre l’uomo sogna la paternità nella spasmodica ricerca di ancore a cui aggrapparsi, la donna sogna di volare via alla ricerca di se stessa e di una carriera. Ma, a ben vedere, la precarietà investe gli uomini come le donne, tutti risucchiati da un magma di insoddisfazione e incertezza.
Il film di Duccio Chiarini si propone come un’accurata fotografia sociologica, impreziosita da un’irresistibile ironia e una buona dose di emozione, che ci invita a empatizzare con i personaggi e a ripensare a ciò che stiamo vivendo. A come lo stiamo vivendo.