Sono due le battaglie, intrecciate e parallele, evocate dal titolo di questa brillante opera seconda e raccontate con invidiabile maestria.
Guillaume Senez è volto noto al pubblico torinese per il suo film d’esordio Keeper, che nel 2015 ha conquistato la vittoria al Torino Film Festival. Il regista franco-belga concorre quest’anno nella sezione principale con Nos batailles, opera seconda che indaga le difficoltà di un uomo di fronte al crollo di ogni sicurezza.
Romain Duris veste alla perfezione i panni di Olivier, calato senza preavviso nelle problematiche dei suoi due universi esistenziali: il lavoro e la famiglia. Se da una parte si dedica alla lotta per migliorare le condizioni precarie dei colleghi in fabbrica, unendosi al sindacato, dall’altra è costretto a fronteggiare la fuga della moglie (una fragile ed enigmatica Lucie Debay). Abbandono improvviso e lacerante che ricade brutalmente sulla psiche dei due figli, spaventate vittime di ingiusti sensi di colpa. La quotidianità si annulla e va ridisegnata insieme in una tensione tra il dolore e la necessità di andare avanti, riscoprendo nel padre una figura centrale ed aggrappandosi, non senza gravi conseguenze, a figure femminili intermittenti.
La genesi del film è legata all’esperienza autobiografica, ha confessato durante la conferenza stampa il regista, che durante le riprese del film precedente ha affrontato la separazione e la conseguente ricerca di equilibrio tra la carriera di cineasta e il ruolo di padre a tempo pieno. L’aderenza tra il vissuto dell’autore e il soggetto cinematografico rappresenta indubbiamente la chiave della riuscita di questo film, che concilia il calore dell’emozione con la credibilità.
Contribuisce all’autenticità della pellicola un attento lavoro con gli attori, che hanno contribuito all’efficacia dei dialoghi con l’improvvisazione, dotando le situazioni ricreate di estrema spontaneità, anche attraverso gesti, sguardi e silenzi non programmati. Ci si allontana dall’artificio del copione per giungere alla realtà delle cose.
Accanto alla penetrante analisi delle dinamiche familiari, si fa spazio con prepotenza il discorso sul lavoro, che dimostra l’intenzione del film di suscitare una riflessione sulle fratture della società e proporre, tra le righe, una visione del mondo. La sensibilizzazione del pubblico, infatti, non è affidata a un messaggio gridato con ferocia ma a un efficace accumulo di emozioni, capaci di attivare l’empatia anche nello spettatore più cinico e disincantato.