Ulysse è un artista misantropo di mezza età che conduce una vita da eremita in una vecchia villa in mezzo ai boschi. Mona è una giovane pittrice che cerca nuovi stimoli e la giusta ispirazione per la propria inclinazione artistica. Innamoratasi dell’arte concettuale dell’uomo, decide di raggiungerlo nella sua dimora e, dopo numerosi e insistenti tentativi, lo convince ad assumerla come sua assistente. Quasi contemporaneamente all’incontro con la giovane studentessa, Ulysse scopre di avere un tumore al cervello che sembra presentarsi come la giusta occasione per rimediare a tutti gli errori che pesano sulle sue spalle. Mona lo accompagna in questo viaggio di riscatto e riconciliazione con i fantasmi del passato, dal rapporto sofferto con il figlio alla relazione difettosa con la moglie, conquistando la fiducia di Ulysse e scavalcando le rigide barriere con cui l’uomo tentava di allontanare e proteggersi da qualsiasi emozione.
Il rapporto che si instaura tra i due inciampa nel cliché della storia d’amore tra l’allieva e il maestro, ma si risolleva quasi subito, liquidando bruscamente l’infatuazione di Mona e virando verso un happy ending in cui la ragazza riconosce l’uomo come un mentore (per la sua arte così come per il suo coraggio di riscattarsi come uomo) e torna alla sua vita in città, lasciando che Ulysse si riconcili con la moglie e il figlio.
Sébastien Betbeder (premiato dalla giuria del TFF31 con 2 automnes 3 hivers e presente al TFF34 con Marie et les naufragés e Le voyage au Groenland nella sezione Festa mobile) torna al Torino Film Festival con una commedia leggera che riflette sulla labilità della vita e la fragilità di un’età (la famosa “mezza età” che comunemente è sinonimo di crisi esistenziale) che obbliga a fermarsi, riflettere e voler rimediare. Il regista mantiene i colori sgargianti e luminosi e quel formato quadrato inusuale e quasi soffocante – cornice simbolica che, oltre ad essere funzionale ad una narrazione volutamente non realistica, è la sua cifra stilistica – ma accantona i toni favolistici ed eccentrici dei due film precedenti in favore di una rappresentazione più sobria e un tono più dimesso. In fondo, la storia che sta raccontando è quella di una crisi che, per quanto inserita in un intreccio di situazioni bizzarre e poco convenzionali, riflette l’immagine di un uomo fragile, frammentato e in cerca di se stesso. Fondamentale, in questo senso, la scelta di Eric Cantona (il disilluso innamorato Antoine di Marie et les naufragés) nei panni del burbero Ulysse, scelta che conferma il sodalizio tra il regista e l’attore ma che soprattutto determina quasi interamente la riuscita di un film che, altrimenti, non potrebbe vantare la medesima forza comunicativa.
Ulysse & Mona è, nel complesso, il film leggero che non pretende di insegnarti nulla ma che, piuttosto, ti porta a sorridere della banalità dei sentimenti, delle relazioni e delle situazioni – a volte drammatiche, altre tragicamente comiche – che, a qualsiasi età, ci si ritrova ad affrontare.