“THE GIRL FROM DAK LAK” DI MAI HUYEN CHI E PEDRO ROMAM

Un futuro promettente che non si rivela come tale, la solidarietà femminile, una ragazza che parte da una regione montagnosa per spostarsi nella grande città – Ho Chi Minh – “l’American Dream” del Vietnam; sono queste le linee narrative di un film lieve, The Girl From Dak Lak (proiettato ai Job Film Days 2022) che, pur senza una grande produzione alle spalle, riesce a scavare nella verità. Partita alla volta della metropoli in cerca di liberazione, Suong è ben presto rapita dalle dinamiche quadrate e meccaniche di una vita diversa da quella che aspettava.

I registi, Mai Huyen Chi e Pedro Romam (così emerge dalla video-presentazione in sala del film) hanno finanziato il film attraverso il crowfounding e l’aiuto di Film Labs, occupandosi personalmente di più aspetti della produzione, compresi i casting in parte realizzati per strada a bordo di una motocicletta. L’attrice principale, Suong, che condivide il proprio nome con il personaggio che interpreta, è stata scoperta al quinto provino: non voleva nemmeno fare l’attrice ma, arrivata dalle montagne (proprio come la ragazza di Dak Lak), cercava un pretesto per poter restare a Ho Chi Minh. Le scelte produttive dei registi rivestono d’importanza la macchina da presa che, in assenza delle dinamiche costruttive del set, si occupa di farne le veci seguendo la pura realtà del personaggio. La camera dunque assiste, osserva, non cova: lascia che il film “accada” davanti alla lente; cerca i luoghi e le persone, asseconda gli spostamenti di Suong. Prima silenziosi e sussurati nel silenzio della montagna e poi frenetici nel caos della città; c’è, tra i due ambienti, un forte scarto di suono e rumore: per esempio quello della pioggia che, esile e distinto a Dak Lak, a Ho Chi Minh si mischia ai versi della metropoli.

A Mai Huyen Chi e Pedro Romam non serve costruire una storia, la attingono dalla realtà testimoniando i ritmi serrati e gli angoli spenti della vita vera. Emergono suggestioni catturate in itinere (Suong non è abbandonata neppure quando monta in bicicletta o in motorino, sono forse quelli i primi piani più riusciti) che, grazie all’effetto metonimico di un montaggio lineare, costruiscono un racconto di coraggio, determinazione, tristezza e speranza – molta. Un dettaglio resta identico dalla partenza alla fine del film: Suong porta ai piedi delle ciabatte rosa, l’unico paio di “scarpe” che ha.

Francesco Dubini

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