“IL CRISTO IN GOLA” DI ANTONIO REZZA

“Il Cristo in gola”, ultimo film di Antonio Rezza, completato diciott’anni dopo l’inizio della lavorazione, occasionalmente senza l’ausilio della sua storica partner teatrale Flavia Mastrella, è l’ennesima conferma della sua incredibile capacità di modellare il cinema alle sue esigenze performative, e mai viceversa. La scelta di utilizzare il linguaggio delle immagini per mettere in scena la sua particolarissima versione di Cristo, risulta evidente sin dall’inizio: la precisione, quasi filologica, con il quale l’attore originario di Novara traspone “Il vangelo secondo Matteo” di Pasolini viene squarciata dall’arrivo in scena dello stesso Rezza, creando una spaccatura insanabile tra questa e le precedenti rappresentazioni del figlio di Dio.

Privato non solo della parola, ma soprattutto dei suoi seguaci religiosi, il Cristo rezziano si rivela un inadeguato paladino dell’umanità, un leader anarchico destinato alla sconfitta, innanzitutto dialettica, con il potere precostituito rappresentato dalla figura di Ponzio Pilato. La guerra sotterranea tra collettività e individualismo, tra le catene della tradizione e la libertà personale, presente da sempre nelle sue opere, viene ribadita dal costante commento sonoro affidato alle parole di Juan Domingo Perón, María Eva Duarte e Jorge Rafael Videla. Opprimenti ed efficaci nonostante la chiara incomprensibilità della lingua, le loro voci si mescolano inscindibilmente con i canti etnici, il bisbiglio impercettibile della Madonna, le urla continue del Cristo e il dialetto dell’anziana signora che lo accompagna in questo dissacrante viaggio.

Nel marasma di suoni, gli acuti di Gesù risultano quindi inadatti al compito di trascinare l’umanità verso un destino migliore, fino a quando egli stesso si ribellerà alla missione affidatagli alla nascita, per uniformarsi, con tutti i suoi difetti, al resto dell’umanità. L’irriverente forza rivoluzionaria di Rezza si nutre quindi della millenaria tradizione religiosa e di quella, ben più recente, del cinema, per creare, come fa ormai da più di trent’anni, nuove forme d’arte, di avanguardia e sperimentazione.

Enrico Nicolosi

Articolo uscito su «la Repubblica» il 26 novembre 2022

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