Abiti consumati, pennelli in mano, tavolozza e cavalletto sulle spalle: nel cuore della Bretagna, sullo sfondo di un suggestivo paesaggio costiero, un anziano pittore si inerpica faticosamente lungo la ripida parete rocciosa di un litorale, fino a raggiungere una piccola grotta nascosta, dove può dare libero sfogo alla sua fantasia. È l’inizio del nuovo documentario di Barbet Schroeder, Ricardo et la peinture, presentato Fuori Concorso alla 41^ edizione del Torino Film Festival.
La placida quotidianità che traspare dalle opere di Ricardo Cavallo, artista francese di origine argentina, è scandita dal suo inscindibile legame con la natura, che si riversa come un fiume in piena nell’intimo rapporto con la tela e con l’uso del colore. Nel corso degli anni, scaldato dal piacevole tepore del sole o accompagnato dall’ipnotico crepitio della pioggia, Cavallo ha dedicato gran parte della propria vita alla passione per la pittura en plein air, alla rappresentazione visiva del mondo esterno in tutte le sue sfaccettature. Quello che Schroeder posa sull’amico pittore è uno sguardo sincero, fraterno, che definisce i contorni di una persona pacata e semplice, in continuo dialogo con l’arte e con tutto ciò che lo circonda, in perfetta armonia con la rilassante colonna sonora firmata da Hans Appelqvist.
Se le lunghe inquadrature fisse compongono un ritratto delicato e imparziale, alcuni specifici monologhi dell’artista rispecchiano un sentimento puro e un amore incondizionato nei confronti dei grandi maestri del passato. Da Monet a Seurat, da Cézanne a Velázquez: ogni volta che Cavallo racconta delle sue principali fonti d’ispirazione, si abbandona a una coinvolgente digressione sulla storia dell’arte nella sua interezza; tramite i suoi aneddoti prende forma un viaggio seducente e contemplativo, che contribuisce a delineare i caratteri irregolari della sua rigorosa e al contempo stravagante creatività, frammentata e decostruita proprio come le sue opere gargantuesche. Composti da tanti piccoli pannelli intercambiabili, corpi tangibili di una molteplice apparenza, i dipinti dell’autore si sovrappongono in questo modo alla visione estetica del regista, offrendo a Ricardo et la peinture due differenti punti di vista sulla natura e sulla malinconica fugacità del tempo, sulla vecchiaia e sulla nostalgia dell’infanzia.
È necessario che la passione per l’arte sia preservata e trasmessa alle generazioni successive, affinché gli insegnamenti del passato non si smarriscano nell’oblio del conformismo. Ce lo ricorda sul finale lo stesso Ricardo Cavallo, poco prima di tornare a immergersi nella pittura: «la vita reale si trova nell’inventiva, nella fantasia. Dunque, ricordatevi di vivere!».
Emidio Sciamanna