“M DE MÃES” DI LÍVIA PEREZ

Melanie guarda la partita di calcio sdraiata sul letto di schiena mentre si accarezza il pancione che ospita i gemelli Bernardo e Iolanda. Marcela, invece, segue l’incontro con molta più partecipazione e preoccupazione della moglie e, mentre ha gli occhi incollati allo schermo, sfrutta il momento per usare il tiralatte elettrico. Quando la sua squadra segna, l’esultanza è tale che la loro cagna, infastidita, decide di cambiare stanza.

Nel documentario M de Mães (M di Madri) la regista Lívia Perez segue le due donne nei mesi finali della gravidanza di Melanie, quando Marcela inizia una terapia ormonale per poter allattare anche lei i nascituri. È stato un percorso lungo, iniziato un anno prima con l’IVF, che le ha fatte spesso inciampare nelle falle burocratiche di un sistema eteronormato. La storia delle due mamme sembra ovviare a tutte le formalità: sui moduli il “nome del padre” viene cancellato e sostituito con “della madre”, il linguaggio inclusivo dei corsi preparto che parla di “padri, madri e compagne” è motivo di sorriso, e all’ospedale il braccialetto blu per i “futuri papà” stretto al polso di Marcela sembra ormai un’usanza anacronistica. Anzi, quando la terapia di Marcela ha effetto e finalmente fa spuntare la prima goccia di latte, alle due donne pare assurda la situazione opposta: come fanno le coppie eterosessuali con un solo paio di seni, magari anche loro fresche di parto gemellare?

La consapevolezza che la realtà del mondo al di fuori dell’inquadratura è strutturata dalla norma eteronormativa resta di sottofondo. M de Mães si concentra infatti sulla gravidanza lesbica per mostrare quello che è, in autonomia rispetto a quello che non può essere. Lo scarto tra le due situazioni emerge quando è inevitabile, come succede in chiusura: Bernardo e Iolanda sono nati da pochissimi giorni e le mamme li allattano guardando la TV, che ora però trasmette lo spoglio elettorale. Questa volta non c’è molto da esultare all’annuncio del nuovo presidente, Jair Bolsonaro, la cui elezione segna invece l’inizio di un momento difficile per le identità LGBTQ+ in Brasile, escluse all’improvviso dalla tutela governativa dei propri diritti. Il dialogo costruito formalmente tra questa scena e quella della partita inserisce la vicenda di Melanie e di Marcela all’interno di un contesto Storico ben definito e sottolinea la rilevanza della loro storia familiare.

Negli ultimi minuti, Lívia Perez monta un supercut dei bambini che crescono fino a circa 3/4 anni: il film non dice che ora in Brasile ci sono state nuove elezioni che hanno portato alla vittoria del Partito dei Lavoratori di Lula. Mostra invece Berna e Ioio fare colazione con mamma Cela e mamma Mela, per rendere ancora una volta protagonista la normale quotidianità familiare.

Valentina Testa

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *