“THE VISITOR” DI BRUCE LABRUCE

In collaborazione con Fish&Chips Film Festival, la sala del 39° Lovers Film Festival si tinge di un rosso acceso e vibrante per presentare l’ultimo lungometraggio di uno dei più audaci provocatori del cinema queer e militante. Con The Visitor, Bruce LaBruce affronta il pudore del pubblico in un lavoro violentemente queer, concepito inizialmente come un’istallazione per la fiera d’arte londinese Frieze e in seguito presentato in anteprima mondiale alla 74° Berlinale. In un esplicito omaggio a Pasolini, il regista reinterpreta Teorema (1968) a partire dal proprio immaginario pornografico-politico e adatta l’idea pasoliniana all’attuale società capitalista inglese.

Da una valigia naufragata sulle rive del Tamigi e trovata da un clochard emerge un Adone Nero (Bishop Black) completamente nudo. Il suo arrivo è commentato dalla registrazione di un discorso del 1968 di un deputato britannico contro l’immigrazione clandestina, un paesaggio sonoro che funge da contraltare all’arrivo “dell’alieno”. Il discorso razzista e omofobo – che proietta le sue ombre fino all’oggi – prosegue nella sua violenta invettiva finché il Visitatore, camminando per le strade di Londra, incontra una cameriera transgender che lo ospita nella casa bianca e borghese dei suoi datori di lavoro. Nella scena che segue il suo arrivo, in un omaggio a Salò o le 120 giornate di Sodoma, il Visitatore serve alla famiglia i suoi fluidi corporei durante un elegante banchetto. In questo caso, al contrario del precedente pasoliniano, un rapido assaggio si trasforma in un simposio orgiastico che coinvolge tutti i membri della famiglia.

Bruce LaBruce compie uno scarto rispetto al Teorema paosoliniano e presenta al pubblico una famiglia già di per sé bizzarra e disfunzionale. Anche se la borghesia ritratta comprende già le famiglie arcobaleno, LaBruce rimane fedele alle sue posizioni radicali e antagoniste, in opposizione a un progressismo di facciata. In The Visitor manca anche quel misticismo con cui Pasolini libera Emilia, la serva, poiché figlia di una cultura contadina e quindi unica depositaria di una religiosità primordiale. Nel film di Bruce LaBruce la religione cristiana e le sue imposizioni moralistiche sono solo un ulteriore ostacolo alla libertà sessuale, così l’immagine di Gesù si trasforma in un dildo usato dal Visitatore durante i suoi rapporti sessuali. Le perfomance sessuali, lontane dall’erotismo pasoliniano – e quindi esplicite e insistenti -, sono accompagnate dalla vibrante musica techno di Hannah Holland e intervallate da scritte agit-prop che appaiono a un ritmo stroboscopico per scuotere con ironia e provocazione il pubblico. Il cinema di Bruce LaBruce, legato al movimento Queercore, non cede a compromessi e trasforma l’atto sessuale in un’ arma con cui imporre narrazioni alternative e antinormative.

Angela Borraccio

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