“I’M NOT EVERYTHING I WANT TO BE” DI KLÁRA TASOVSKÁ 

I’m Not Everything I Want to Be è un documentario biografico al quadrato: nella sovrapposizione di uno sconfinato repertorio fotografico e di diari personali minuziosamente redatti, il film ripercorre, tappa dopo tappa, dal 1986 a oggi, l’incessante ricerca identitaria della fotografa ceca Libuše Jarcovjáková. 

L’opera gioca su molteplici livelli di realismo che, una volta sovrapposti, concorrono a ricreare un quadro completo e denso. La sinergia tra la regia di Klára Tasovská e il montaggio di Alexander Kashcheev (editor del cortometraggio animato candidato all’Oscar Daughter, 2019) ha creato una modalità di racconto che fa aderire quasi completamente il documentario alla vita di Jarcovjáková. Migliaia di fotografie scorrono davanti agli occhi dello spettatore creando l’illusione del movimento, come accadeva negli esperimenti del pre-cinema. Il concetto di staticità pare quindi venire meno, dando forma a un continuum analogico-dinamico in cui luoghi e soggetti statici e silenziosi prendono vita.
La complessità stratificata del sound design concorre all’effetto di realtà facendo ampio uso di suoni extradiegetici che animano le fotografie e immergono lo spettatore nel racconto. Alcune sequenze sono invece accompagnate da musica contemporanea, in un efficace contrasto con il bianco e nero di molte delle foto d’archivio.

Le città di Praga, Berlino e Tokyo sono il triangolo in cui muove la ricerca ossessiva di un senso di appartenenza e di un’individualità condotta attraverso la macchina fotografica. Tasovská riporta brillantemente il frenetico – e a tratti disperato – rincorrere di quel tanto agognato equilibrio e quell’appagamento che a Jarcovjáková sono sempre mancati. Tra una Praga soggiogata dall’onda impietosa e impetuosa della normalizzazione sovietica e una Tokyo ricca di stimoli ma mai appagante, la fotografa trova nella Berlino divisa dal muro quello che forse stava cercando, ma non per molto. I viaggi e le città si susseguono e si ripentono attraverso le migliaia di fotografie che, fitte, tessono la trama della vita della fotografa, in una incessante peregrinazione.

Imprimendo sensazioni e stati d’animo su pellicola attraverso uno stile visivo non ortodosso, Libuše Jarcovjáková tenta di placare quella fame di “catturare” il mondo che la spinge a tenere traccia di quasi tutto ciò che accade intorno e dentro di lei. Tra autoritratti e istantanee, sullo schermo scorrono immagini dei turni di notte alla tipografia, dei pub euforici e polverosi, dell’ospedale in cui ha abortito, del letto della donna con cui ha avuto il primo rapporto sessuale.

Un diario visivo capace di restituire la trasformazione del corpo e dell’anima della fotografa nel corso dei decenni, offrendo allo spettatore la possibilità unica e rarissima di vedere il mondo attraverso i suoi occhi o, meglio, attraverso l’obiettivo della sua macchina fotografica.

Giorgia Andrea Bergamasco

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *