Amy Adams veste i panni di una mostruosa neo-mamma nel nuovo film di Marielle Heller, basato sull’omonimo romanzo di Rachel Yoder e presentato fuori concorso in anteprima italiana al Torino Film Festival.
In un racconto che ribalta i canoni della maternità di cui sono mostrate audacemente la violenza e l’animalità, la regista dà vita a una grottesca favola moderna che andrebbe letta non ai bambini, ma alle loro madri. L’idealizzazione della maternità che, ancora oggi, è un modello opprimente per molte donne, subisce un rovesciamento completo.
Tra il fantasy e la commedia, Nightbitch unisce due tonalità narrative facendo convivere un umorismo sferzante con gli elementi orrorifici e il realismo magico centrali nel romanzo di Yoder. La macchina da presa indugia costantemente sulla protagonista per catturare la sottile capacità espressiva del volto che ha consacrato Amy Adams tra le migliori interpreti della sua generazione: incarnando pienamente il delicato e complesso viaggio emotivo della protagonista, l’attrice ne esprime il disagio, il dolore, la rabbia, la solitudine attraverso un corpo che conserva paradossalmente la grazia e la leggerezza che contraddistinguono la sua recitazione.
Una serie di elementi trasportano la vicenda particolare della famiglia su un piano universale. In un contesto atemporale e non connotato spazialmente, i protagonisti non hanno nomi propri: Madre, Marito e Figlio possono essere – e sono – una famiglia qualunque. La metamorfosi animalesca che subisce la madre si rivela salvifica nel permetterle di assecondare i propri impulsi primordiali coniugando a modo proprio il ruolo femminile e quello materno.
Senza risultare retorica, Heller mostra come la genitorialità sia vissuta diversamente da padri e madri: mentre le donne sono mogli e madri, gli uomini possono al massimo diventare mariti.
Giorgia Andrea Bergamasco
articolo pubblicato su “la Repubblica” online