“THE BRINK OF DREAMS” DI NADA RIYADH E AYMAN EL AMIR

Nell’immagine che apre The Brink of Dreams vediamo sei ragazze che corrono in un campo. Come nel caso della scena dei tre bambini che passeggiano nella campagna islandese da cui prende le mosse Sans soleil di Chris Marker (1983), anche qui si ha la sensazione di assistere a un sogno, a una visione di speranza.

Dal sogno si passa presto alla realtà di un piccolo villaggio cristiano nel sud dell’Egitto, dove le protagoniste allestiscono un laboratorio teatrale. Gli esperimenti ludici di questi incontri danno vita alla Panorama El Barsha, una compagnia di strada che permette alle giovani di instaurare un profondo legame con il tessuto sociale a cui appartengono. Gli spettacoli messi in scena sono infatti il frutto di brillanti rielaborazioni di momenti di intimità e di confidenza reciproca: partendo dalle loro esperienze personali, le sei amiche affrontano questioni legate al matrimonio infantile, al senso di oppressione derivato dalle aspettative familiari e sociali, e alla claustrofobia che le lega e che condividono con le spettatrici loro coetanee.

Come in un incubo soffocante, i soggetti maschili tentano continuamente di sopprimere le ambizioni delle protagoniste. Questa dimensione prende forma nella prigione simulata dalla “fusione” dei corpi delle ragazze durante la loro seconda esibizione pubblica, ma si riflette anche nella messa in scena: le semi-soggettive che gravano sulle spalle dei personaggi, l’evocativo sguardo di Haidi che scruta il cielo dall’angusto cortile di casa circondato da muri di cemento opprimenti.

Contro le avversità si fa strada un senso di invincibilità, un respiro ampio di ottimismo infuso dalle risate delle teatranti, dai momenti canori di Monika e dalla tenacia di Majda, che resta aggrappata al suo sogno anche quando tutto sembra perduto.

Lisa Cortopassi

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