“N-EGO” DI ELEONORA DANCO

Il sole freddo del pomeriggio illumina le arterie pulsanti di Roma: in questo corpo, al posto dei globuli rossi, scorrono le persone, ciascuna con il proprio vissuto, le proprie esperienze e aspirazioni.

Su questi volti si sofferma lo sguardo di Eleonora Danco che in n-Ego indaga la propria crisi artistica. Con il volto coperto da un collant e vestita come un manichino dechirichiano, la regista ci guida in un viaggio surreale. Dopo aver affrontato, nel precedente n-Capace (2014), la vecchiaia e l’adolescenza, sceglie ora di esplorare l’età adulta attraverso l’incontro con persone dalle esistenze differenti, che Danco interpella su temi universali: il sesso, l’amore, la morte. Accanto agli intervistati, compaiono in scena personaggi eccentrici, avvolti in mantelli dorati: la loro presenza straniante sembra voler interrogare lo spettatore sui limiti tra reale e onirico, tra il visibile e l’immaginario.

I volti delle borgate si mescolano a quelli di attori noti come Filippo Timi ed Elio Germano: in questo continuo oscillare tra recitazione e realtà, il confine tra l’una e l’altra si fa labile, come se la finzione fosse lo strumento attraverso cui riflettere sul senso profondo dell’esistenza, in un gioco di ombre e luci che richiama, ancora una volta, le atmosfere dechirichiane.

Eleonora Danco indaga l’essenza dell’umano e la dimensione metafisica che ci definisce: gli amori, le paure, i sogni e le passioni. Lo fa spostando la lente d’ingrandimento dal macro-paesaggio romano verso di noi, per scavare nei recessi del vissuto di ciascuno e per cercare risposte che sfuggono alla comprensione razionale.

Nicolò Cifarelli

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