La Snyder Cut non esisterebbe senza l’interpolazione operata da Whedon sul corpo di Justice League, consistita – per molti – in una vera e propria mutilazione. Questo sia nel senso, più ampio, che nessuna director’s cut esiste senza una relativa theatrical cut che ne tradisce i propositi autoriali, ma anche, più nello specifico, nel senso che la versione di Snyder sembra essere valutata e discussa – da pubblico e critica – solo in rapporto a quella di Snyder-Whedon. Mai come entità autonoma, autosufficiente. Una ricezione che è sempre di secondo grado: Se Zack Snyder’s Justice League (2021) è un’opera riuscita, lo è in quanto superiore a Justice League (2017). Se invece viene valutata un’operazione fallita, è perché dal testo di partenza differisce minimamente, rappresentandone nient’altro che una debordante ipertrofizzazione. Più dettagli, più sfaccettature caratteriali, più informazioni. Più ralenti. Elementi che, cumulando e sommandosi, garantiscono un unico risultato: più autorialità.
A differenza dell’MCU, il DCEU sembra procedere a tentoni, s-progettandosi, dilaniandosi in un’operazione autolesionista volta a disfare il franchise più che a rafforzarlo, a dotarlo di una struttura solida il cui conseguimento rimane al momento un utopico miraggio. Stand-alone frutto di deliri solipsistici (l’autorialità “dura e pura” di Joker di Todd Philips, 2019: film che, come l’eponimo personaggio, non trova collocazione alcuna nell’universo cui pure appartiene); soft-reboot (l’imminente The Suicide Squad di James Gunn, il cui legame con il Suicide Squad di David Ayer del 2016 non è ancora stato chiarito); recasting (Robert Pattinson nel prossimo The Batman di Matt Reeves, che supplirà all’allontanamento dal ruolo di Ben Affleck); progetti accantonati che sono già leggenda (il tanto a lungo vociferato The Batman con Affleck protagonista, dissoltosi in un nulla di fatto; la trilogia sulla Justice League di Snyder, riguardo cui la Warner ha ribadito in tempi recentissimi di non essere interessata); flop come Birds of Prey (and the Fantabulous Emancipation of One Harley Quinn di C. Yan, 2020). In seno a un caos magmatico impegnato in un continuo e problematico riassestamento, Justice League è un film a un tempo gargantuesco (oltre 4 ore di durata, in due versioni: colore e b/n) e granitico (nella solennità del tono, nel rigore compositivo, coadiuvato dall’impiego di un inusuale 4:3), quanto doppiamente insufficiente. In primis come testo inscriventesi nella ragnatela inter-testuale del DCEU (tessuto fallato e fallace); in secundis in quanto meta-testo, parassita della sua precedente versione. Imperfetta, disorganica, eppure retrospetticamente necessaria alla Snyder Cut per il tratteggio della sua stessa identità.
Zack Snyder’s Justice League è un gigantesco e affascinante problema, che deve il suo charme alla sua insolubilità. Un’idra bifronte che guarda alla sua incarnazione passata, restandone ipnotizzata, volgendosi contemporaneamente a un futuro che resterà inespresso. Il tutto innestato su di un terreno mitologico estremamente sensibile e friabile, pur ponendosi al di là del canone. Sospeso nella sfera atemporale del solipsismo.
Il fandom non poteva chiedere di meglio.
Niccolò Buttigliero