“THE ENCAMPMENTS” DI KEI PRITSKER E MICHAEL T. WORKMAN

“Sistematica distruzione di una popolazione, una stirpe, una razza o una comunità religiosa” questa la definizione della parola genocidio, termine quanto mai attuale che dal 7 ottobre 2023 sembra essere diventato tabu. Il documentario The Encampments – Gli accampamenti diretto da Kei Pritsker e Michael T. Workman mostra le massime conseguenze di questa repressione espressiva nelle università americane.

Il film, che arriva come un pugno a tutta velocità nello stomaco dello spettatore, racconta il movimento studentesco di protesta nato alla Columbia University nella primavera 2024 e poi diffusosi nel resto degli Stati Uniti e del mondo, non come un fatto di cronaca, ma come manifestazione visibile di una frattura generazionale e politica ormai irreversibile. L’accampamento da semplice gesto simbolico di una cinquantina di studenti, diventa un detonatore capace di trasformare campus prestigiosi in luoghi di scontro pubblico, mettendo a nudo le relazioni tra le università americane e l’economia bellica israeliana.

I registi non cercano neutralità: osservano la realtà con la consapevolezza di chi proviene dall’attivismo e dal documentario politico, e fa di questa prospettiva una chiave di lettura fondamentale. La forza del racconto è presente nell’intimità delle testimonianze. Le voci di Mahmoud Khalil, Sueda Polat, Grant Miner e Naye Idriss compongono un mosaico identitario complesso in cui origini palestinesi, ebraiche e mediorientali si intrecciano senza semplificazioni. Non c’è retorica rivoluzionaria né estetizzazione della protesta: il film mette al centro la paura, la fatica, i raid notturni, gli arresti, la tensione che attraversa ogni giornata negli accampamenti, fino a far percepire allo spettatore il peso reale delle scelte che comportano rischi personali enormi. La presenza della giornalista Bisan Owda da Gaza aggiunge un ulteriore livello di ascolto, ricordando che le tende montate sul prato delle università hanno una risonanza diretta con la guerra in corso.

The Encampments è anche un racconto sulla crisi delle istituzioni negli Stati Uniti. Le università, luoghi di formazione critica, reagiscono con divieti, sospensioni, massicce operazioni di polizia. L’ingresso delle forze dell’ordine nel campus dopo cinquant’anni di interdizione è mostrato come una svolta storica, rivelando paure e complicità di chi, per difendere interessi economici, sceglie di silenziare gli studenti invece di confrontarsi con le loro domande. Il film insiste proprio su questa domanda: cosa significa oggi ribellarsi quando l’istituzione accademica si erge come un apparato di controllo più che come centro di elaborazione culturale?

Il montaggio alterna materiali d’archivio recenti, riprese sul campo e interviste dirette, costruendo un ritmo che segue l’escalation del movimento. Gli slogan scanditi a voce alta “Disclose, divest, we will not stop” risuonano come un contrappunto emotivo alla freddezza dei documenti che svelano gli investimenti delle università americane, rendendo evidente il conflitto strutturale tra educazione e profitto. Ciò che emerge è un paradosso che i registi mettono a fuoco con chiarezza: sono gli studenti più brillanti, formati da quelle stesse istituzioni, a contestarne le fondamenta etiche. Il film non costruisce eroi, non cerca una conclusione consolatoria. Documenta un processo in atto, una generazione che non accetta più la paralisi morale dell’Occidente e che trova nell’azione collettiva un modo per riappropriarsi dello spazio pubblico.

Greta Maria Sorani

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