John Magary e Myna Joseph pronti a svelare i retroscena del film
Oggi, 25 novembre 2014, si è svolta la conferenza stampa del film The Mend. In sala erano presenti il regista John Magary e la produttrice Myna Joseph. La prima domanda si riferisce al titolo del film, che in italiano si traduce con “il riparare”, ma che non sembra trovare corrispondenze all’interno di un film in cui tutto sembra rompersi. Il regista risponde che questo è voluto, in quanto The Mend cerca di travolgere e disorientare il pubblico. Solo alla fine si raggiunge una sorta di stabilità, qualcosa si ripara.
Si discute poi sulla prima parte del film, che descrive a lungo la festa organizzata a casa di Alan e Farrah. Il regista afferma che è una sequenza che è stata volutamente costruita così lunga, studiata in ogni dettaglio, senza lasciare nulla al caso. Naturalmente arriva una domanda d’obbligo: “Ci sono state delle parti improvvisate all’interno di questa sequenza?” Sia il regista che la produttrice hanno sottolineato che nulla è stato lasciato all’improvvisazione, anzi tutto è stato costruito con un lungo lavoro alle spalle e solo la sequenza iniziale si distribuisce in ben 25 pagine di sceneggiatura. La festa si svolge in un piccolo appartamento che ha portato ad un grande lavoro di scoperta degli spazi. Anche le singole inquadrature sono nate dopo uno studio molto accurato dell’ambiente e tutto ciò non sarebbe potuto avvenire tramite l’improvvisazione. Il cast preferiva inoltre lavorare seguendo accuratamente la sceneggiatura, senza lasciare nulla al caso. La produttrice sottolinea il fatto che per girare quella sequenza sono state impiegate quattro notti. Ciò rappresenta un vero e proprio rischio produttivo, in quanto gran parte del budget è stato investito per realizzare solo questa sequenza. Alternative, però, non c’erano: essa conteneva tante sfaccettature che erano importanti per l’immedesimazione dello spettatore all’interno della storia.
Il regista parla poi dei personaggi del film: due fratelli totalmente diversi, con prospettive e idee differenti i quali si ritrovano immersi in situazioni apparentemente normali che arrivano al punto di degenerare a causa della loro perenne ansia. Due fratelli che possono odiarsi e amarsi, attrarsi e respingersi, ma comunque cercano in qualche modo di non perdersi mai.
Il film è un mix di toni cupi e leggeri e sente l’influenza del cinema sud coreano, che il regista apprezza molto. D’altronde, come afferma lui stesso, la vita è questa: è un continuo succedersi di momenti difficili e momenti sereni e tranquilli. Egli ha spinto la sua idea fino all’estremo per poi rientrare in confini entro i quali un rapporto fraterno può funzionare. Il tutto è accompagnato da una bellissima colonna sonora che, come afferma Myna Joseph, forse non ha aiutato il pubblico ad immedesimarsi. Ma l’intento era quello di disorientare il pubblico, di portarlo alla riflessione tramite un linguaggio filmico complesso e molto elaborato.
Infine John Magary afferma che il film apparentemente è privo di una trama forte. I personaggi sono piegati dall’ansia e vanno alla deriva. In loro è la volontà di non voler crescere, di non prendersi alcuna responsabilità perché hanno paura di affrontare la vita.