Con il suo ultimo film il regista Ruben Östlund sembra voler svolgere un’indagine sociologica testando il comportamento dell’essere umano nel momento in cui è sottoposto a grandi pressioni, come quando ci si trova davanti a potenziali pericoli causati da qualcosa che non si può controllare in prima persona. Per farlo prende in esame una famiglia svedese (che si intuisce abbia già dei problemi coniugali) in settimana bianca sulle Alpi francesi. Genitori e figli devono fare i conti con lo shock di avere assistito (e di essere stati in minima parte vittime) a una valangadi fronte alla quale la donna si è avventata sui figli per proteggerli, mentre il padre è scappato a gambe levate.
Il regista ci aveva mostrato l’unione tra i membri della famiglia mostrandoli tutti e quattro nelle medesime inquadrature (dormono tutti insieme, si lavano i denti tutti insieme). Dopo la valanga, tutta la famiglia subisce le conseguenze di quanto è successo.
Nel cercare di risolvere l’evidente situazione di tensione e imbarazzo che si è creata, i coniugi (Johannes Bah Kuhnke è Tomas, Lisa Loven Kongsli è Ebba) coinvolgono nelle loro discussioni anche Mats (l’attore di Game of thrones Kristofer Hivju) e Fanni, una coppia appena conosciuta, che entra a far parte del (sadico) “gioco” del regista quando iniziano a domandarsi cosa avrebbero fatto in un simile contesto. E non solo si interrogano, ma iniziano addirittura ad accusarsi delle loro ipotetiche reazioni.
Östlund distingue nettamente le sequenze ambientate in albergo da quelle che si svolgono all’esterno. Nelle prime i personaggi sono claustrofobicamente ripresi nell’intento di analizzare la situazione e cercare possibili spiegazioni ai comportamenti che hanno manifestato. Nelle seconde, invece, i personaggi sembrano vagare nella propria mente. Marito e moglie vengono infatti spesso ripresi da soli, sullo sfondo bianco della neve su piste sistematicamente deserte. La montagna è uno spazio neutro, surreale, in cui l’uomo è solo con i propri pensieri o, forse, è finalmente libero di non averne, di liberarsi dallo stress che le sue azioni e reazioni implicano quotidianamente.
Turist ha senz’altro un’incredibile forza d’urto quando ritrae gli spazi esterni e gli impianti sciistici sui quali riecheggia d’improvviso l’Estate di Vivaldi, quasi a ricordarci che una possibile tragedia è sempre imminente e che dobbiamo chiederci se sapremmo come affrontarla. Non riesce purtroppo a essere altrettanto coinvolgente nelle scene d’interni, dove i dialoghi poco brillanti e fin troppo sconclusionati prendono il sopravvento, assottigliando di conseguenza anche lo spessore dei protagonisti.