Sono le sette del mattino, suona la sveglia e Nick Cave si alza dal letto che condivide con la sua bellissima moglie Susie Blick. Quello che è appena iniziato è il suo ventimillesimo giorno sulla terra.
In 20000 Days on Earth i visual artists Iain Forsyth e Jane Pollard seguono il cantante australiano durante una sua giornata tipica tra scrittura, amici, musica e viaggi in auto per le strade di Brighton dove adesso vive. Ma tutto questo è solo apparenza. Il film è un vero e proprio ibrido tra documentario e fiction in cui realtà e finzione si mescolano e confondono, si ricostruiscono l’una nell’altra per portare alla luce il mondo interiore di Nick Cave.
Come l’incontro con lo psicanalista Darian Leader, che non è il vero terapeuta della rockstar, è stato ripreso su un set e non in uno studio professionale. La seduta, totalmente costruita e fittizia, ha tuttavia permesso di far riaffiorare alla memoria episodi della vita di Cave veramente unici, come la sera del suo incontro con Nina Simone; l’episodio viene rievocato successivamente anche con l’amico e collega Warren Ellis.
Durante i suoi giri in auto per le strade di Brighton, Nick Cave ci racconta il suo mondo, le sue paure, i suoi pensieri e i suoi ricordi che si materializzano sotto forma di amici e colleghi come Kylie Minogue e Blixa Bargeld con cui il cantante instaura dei dialoghi bellissimi.
Ma non è tutto qui. 20000 Days on Earth ci permette anche di assistere quasi voyeuristicamente al processo di creazione dell’album Push the Sky Away: la fase di scrittura delle canzoni, la registrazione, il live davanti al pubblico totalmente rapito dal carisma di Cave.
Il documentario è un vero e proprio viaggio tra musica e memoria, quest’ultima sempre presente tra ricordi evocati e fotografie ripescate nell’archivio personale di Nick Cave. La memoria è ricostruita e allo stesso tempo distorta: non è un caso infatti se le fotografie che Nick Cave mostra in maniera piuttosto distaccata sono ingrandite e sfocate. Per quanto il cantante racconti ed evochi il passato, esso risulta sempre piuttosto vacuo e distante, come un fantasma impossibile da toccare e percepire se non per un attimo.
Il tempo trasforma i ricordi e le persone. Pollard e Forsyth ce lo suggeriscono in una delle sequenze finali in cui Nick Cave canta Jubilee Street nei cui versi dice: “Curtains are shout. Furniture has gone. I am transforming. I am vibrating. I am glowing. I am flying. Look at me now”. E’ quasi un invito a osservare questa creatura alta ed esile con uno sguardo diverso, andando oltre la superficie della rock star, oltre quella dell’uomo, per connettersi con la sua anima creatrice di mondi e realtà uniche, per trasformarci un po’ noi stessi e per perderci nella sua musica alla ricerca di noi stessi.
Dice Cave: “Bisogna concentrarsi su ciò che si nasconde sotto l’apparenza delle cose, come le gobbe di un mostro marino. L’obiettivo della musica e dei miei concerti è quello di portare il mostro in superficie”. Ammette che non sempre è possibile instaurare con il pubblico un dialogo interiore, tra anime, ma quando succede si creano quei momenti perfetti e indimenticabili che in un modo o nell’altro ti segnano per sempre.
La stessa cosa avviene con il documentario 20000 Days on Earth, che cerca di parlare all’anima dello spettatore. Probabilmente non riuscirà ad arrivare a tutti, ma coloro che saranno in grado di ascoltare non lo dimenticheranno mai.