Gli anni dell’adolescenza sono i più belli e contemporaneamente i più brutti della nostra vita. Questa è una tipica frase con la quale non si sa mai se essere d’accordo o no; di certo è vero che gli anni dell’adolescenza sono quelli in cui i nostri sogni cominciano a prendere forma, a deragliare dai binari infantili verso la dura realtà. E’ un processo quasi obbligato nel percorso dall’adolescenza all’età adulta. Nel film di João Nicolau accade esattamente l’opposto.
Protagonista della vicenda è la quindicenne Rita; vive insieme ai suoi genitori in un enorme e strano condominio, dove prevale una dominante cromatica blu: blu sono infatti le porte dell’ascensore, le cassette delle lettere e le ringhiere dei balconi. Perennemente sull’orlo della noia che sta per sommergerla, Rita trascorre l’estate camminando per la città, suonando l’organo di un centro ricreativo e andando alle feste con la sua amica, che vive nel suo stesso palazzo e con la quale si scambia alcuni messaggi scritti su foglietti di carta nascosti in ascensore.
A spezzare la noia di questa calda e monotona estate arriva il nuovo vicino di casa, un fotografo di circa trentacinque anni con figlia piccola a carico; il suo nome quasi sfugge all’attenzione dello spettatore, perché ben presto, quest’uomo un po’ svampito diventa l’oggetto delle attenzioni di Rita. La ragazzina però comincia a vederlo non come è in realtà, bensì come il John From del titolo.
Complice il fatto che il fotografo sta preparando una mostra degli scatti da lui effettuati in Malesia, Rita inizia a immaginarselo come il dio John From che, secondo le leggende della Malesia, è un soldato americano “caduto dal cielo”. Rita collega questa leggenda al suo nuovo vicino, anch’egli piovuto dal cielo come una benedizione o una pozione contro la noia. Iniziano così i tentativi di Rita di avvicinarsi all’uomo, senza alcun risultato.
Nel corso del suo fantasticare, Rita inizia a confondere quello che accade davvero con quello che lei vorrebbe che accadesse; i confini tra realtà e immaginazione diventano sempre più labili, fino a che si confondono. Risulta difficile distinguere i sogni dalla realtà, perciò un semplice cenno di saluto può sembrare, agli occhi innamorati, come un segno del destino. Rita fa un gioco: pone delle domande al suo i-Pod, chiude gli occhi e clicca sul tasto “avanti” della sua playlist; poi, a caso, si ferma, e il titolo della canzone dovrebbe rappresentare la risposta alla sua domanda.
Nicolau ci mostra questo mondo adolescenziale in modo disincantato, condito da una punta di ironia che può rendere il film irresistibile. Vediamo un mondo in cui i genitori sono assenti ma affettuosi, i ragazzi sono dei piccoli adulti con il loro bagaglio di esperienze e delusioni, dove una “cotta” può trasformarsi da semplice innamoramento a un fantasticare infinito.