“Avrei voluto fare il musicista ma come chitarrista non ero abbastanza veloce, allora mi sono dedicato al cinema”. Brillante come sempre, Gabriele Salvatores si presenta così all’evento di lunedì 21 novembre, dal titolo Una conversazione su cinema e musica.
Nella suggestiva location dell’auditorium del grattacielo di Intesa Sanpaolo, abbiamo assistito a un interessantissimo dialogo tra il guest director di questo TFF e Alberto Barbera, direttore del Museo Nazionale del Cinema. L’incontro si è dipanato come una libera conversazione tra amici appassionati di cinema, e la formula è stata davvero apprezzata da tutti i presenti in sala.
Salvatores racconta di come la sua passione giovanile per la musica abbia poi influenzato tutto il suo percorso di regista. I suoi primi lavori erano infatti dei musical, anche se “li videro solo i miei genitori e una sola delle mie sorelle. L’altra si rifiutò”. Da lì in poi questa passione l’ha accompagnato su ogni set, dove peraltro lavora sempre con un sottofondo musicale: “all’inizio la troupe si trova spaesata nel lavorare con la musica, ma poi sono loro stessi a chiedermi di mettere la playlist. Tutti si muovono a ritmo quando la musica accompagna le riprese: attori, comparse, movimenti di macchina. Tutto in perfetta armonia”.
La serata è accompagnata da sequenze dei film di Salvatores, montate ad hoc per rimarcare l’uso magistrale delle colonne sonore. Il regista si emoziona nel rivedere le sue opere, e si lascia andare al racconto di aneddoti sulla lavorazione. Per esempio, durante il montaggio di Marrakech Express (1989), e della ormai celebre scena della partita Italia-Marocco, si rese conto che non sarebbe potuta esserci altra canzone che La leva calcistica della classe ’68. Poiché la produzione non poteva permettersi la spesa per i diritti, chiamò lui stesso Francesco De Gregori. Il cantautore glieli concesse e successivamente fu molto soddisfatto del risultato.
Salvatores infine parla di musica e cinema, e di femminile e maschile: secondo il regista la musica ha un’anima femminile, perché è pronta ad accogliere, mentre il cinema è più prepotentemente maschile.
“Il Notturno di Beethoven suscita in tutti noi un’immagine notturna, appunto, ma quale? Una montagna? Un lago? Una casa? La musica lascia all’ascoltatore la possibilità di associare l’immagine che preferisce, e accoglie l’emozione che chi ascolta è pronto a offrirle. Il cinema invece racchiude e limita all’interno dell’immagine, trasportando lo spettatore lungo un percorso stabilito. Ed è per questo cinema e musica creano un perfetto connubio”.