Dopo il successo dell’Hamlet di Benedict Cumberbatch lo scorso anno, ritorna il connubio tra il Torino Film Festival e il teatro londinese, distribuito in Italia da Nexo Digital. Quest’anno tocca a un altro grande classico del teatro shakespeariano: Romeo e Giulietta. La tragedia degli amanti sfortunati è stata oggetto negli anni di numerosissimi adattamenti: dal classico di Zeffirelli al colorato Romeo + Giulietta di Baz Luhrmann; dall’ambientazione tra i portoricani di New York a quella nella Praga nazista. Al Festival di quest’anno gli spettatori hanno potuto avere un assaggio del panorama teatrale londinese della scorsa stagione con la produzione di Romeo and Juliet messa in scena da The Kenneth Branagh Theatre Company, compagnia teatrale del celebre attore inglese.
Branagh è forse l’attore contemporaneo che maggiormente si è cimentato con Shakespeare e ha deciso di portare in scena la prima tragedia che, ancora ragazzo, aveva diretto. Il risultato è un adattamento elegante, ambientato nella Verona degli anni ’50 del ventesimo secolo, co-diretto con Rob Ashford e che fa del cast il principale punto di attrazione per il grande pubblico. Nel ruolo dei due giovani amanti ci sono Lily James e Richard Madden, coppia ormai particolarmente affiatata anche grazie al precedente lavoro di Branagh Cenerentola. Particolare invece è la scelta di rappresentare Mercutio come un anziano dandy vitale e istrionico, dichiaratamente ispirato alla figura di un Oscar Wilde ormai avanti con gli anni. Nessuno avrebbe potuto portare in vita un personaggio di questo calibro meglio di Derek Jacobi, che dona linfa vitale a ogni singolo verso recitato: durante il celebre soliloquio dedicato a Queen Mab, regina delle fate, gli spettatori non possono fare a meno di osservarlo con gli stessi occhi ammirati del Romeo di Richard Madden.
Lo spirito e le caratteristiche delle performance live rappresentate al Garrick Theatre di Londra sono mantenuti totalmente nella trasposizione cinematografica. Kenneth Branagh ha messo in scena un adattamento fresco e giovane, ma anche con una forte componente estetica che strizza l’occhio alla Dolce Vita italiana e al cinema classico. Il mezzo cinematografico contribuisce a calcare ancor più la mano su questo elemento di classicità: mentre la macchina da presa indugia su dettagli che difficilmente era possibile cogliere a teatro, i giochi di luci e ombre accentuano la profondità e la tragicità. Spinge in questa direzione anche la scelta di riprendere e trasmettere l’opera in un bianco e nero che unitamente allo stampo classicheggiante dei titoli di testa dà l’impressione di immergersi in un film prodotto direttamente negli anni d’oro del cinema classico.